
Marco Giampaolo (LaPresse)
Mialno, 28 settembre 2019 - E ora scende in campo Elliott. Giampaolo al bivio, servono i risultati o l’attuale allenatore del Milan rischia seriamente di dover dire addio al suo sogno, cullato per una carriera intera, di provare a portare in alto una grande squadra. Già domani, nel match contro la Fiorentina a San Siro, il primo banco d’appello: servono assolutamente i tre punti, il tempo delle belle giocate e delle parole di incoraggiamento, purtroppo, è terminato. Inizia quello dei processi, delle discussioni e delle decisioni.
I giocatori sono dalla sua parte e ieri Donnarumma ai mi- crofoni di Sky ha ribadito: «È un grande allenatore, siamo tutti con lui». Certo, se giovedì il Milan avesse vinto sul campo del Torino (cosa che peraltro gli stava riuscendo fino al 70’) ora i rossoneri sarebbero quarti, al pari di Cagliari e del Napoli di Ancelotti, seria candidata alla vittoria dello scudetto. Ma alla fine ne è venuta fuori un’altra sconfitta, la terza in cinque giornate di campionato. Forse la meno brutta, rispetto a quella all’esordio contro l’Udinese e a quella contro l’Inter; ma questo non può bastare per mitigare l’amarezza di Elliott: «Sappiamo quale allenatore abbiamo ingaggiato e sappiamo anche che ha bisogno di tempo», ha sottolineato Maldini l’altro giorno.
Questo, però, difficilmente fa da contraltare con le richieste dell’azionista di maggioranza, che dopo aver vissuto una stagione culminata con un quinto posto che sa tanto di amaro in bocca, ora vuole i risultati. Di certo la gara contro il Torino è stata decisa dai cambi: assurdo l’azzardo di tirare fuori Leao, l’unico che stava seriamente costringendo i difensori del Torino sulla difensiva, per inserire un Bonaventura che, seppur volenteroso, non giocava in campionato da un anno. Strana anche la decisione di richiamare in panchina Bennacer, di certo uno dei più positivi e propositivi di tutta la squadra. Un match perso dall’allenatore causa la sua errata interpretazione della sfida. Ma in caso di esonero, chi potrebbe prenderne l’eredità? Un nome su tutti, Massimiliano Allegri. L’ex allenatore della Juventus è l’ultimo ad aver portato uno scudetto al Milan, ne conosce l’ambiente, i pregi e i difetti. E di certo potrebbe portare un bagaglio di esperienze che potrebbe dare il boost giusto ai rossoneri per una pronta risalita. Gli altri papabili, aldi là di Luciano Spalletti (qualcosa in più di una semplice idea) non sono nomi che di certo fanno impazzire i tifosi: da Donadoni a De Biasi, infatti, sono profili di più basso spessore che non sono visti come possibili forieri di migliorie all’impianto di gioco. Ma Giampaolo, prima di abdicare, ha ancora al suo arco tre frecce: che si chiamano Fiorentina, Genoa e Lecce. Tre partite assolutamente da non fallire.