
La mostra narra come si viveva quotidianamente in Egitto
Milano, 17 maggio 2017 - Entrare nelle abitazioni, addirittura nell’intimità domestica degli antichi egizi; scoprire cosa mangiavano, com’erano le loro case, cosa leggevano o semplicemente come passavano il tempo; ma anche venire a sapere come si vestivano, con quali gioielli si adornavano per le feste o per le cene galanti, con quali giochi si divertivano, grandi e piccini; per finire col conoscere le loro abitudini più proibite, nell’intimità dell’alcova, nei bagni pubblici (a volte misti) e nei “deipnetèria”, i lounge

Vogliano condusse scavi scientifici e ineccepibili, insieme a Carlo Anti ed Evaristo Breccia dell’Università di Padova, sui siti di Tebtynis e Medinet Madi, centri di epoca greco-romana (IV secolo a. C.- IV secolo d. C.) nell’oasi del Fayum (a 100 km a sud-ovest del Cairo), l’antica Arsinoite, sede dei principali templi greco-egizi in onore del dio coccodrillo, venerato ogni giorno da centinaia dei fedeli e nutrito con focacce al miele (lo dicono i papiri redatti dai potenti sacerdoti di questa strana divinità zoomorfa). Lo studioso milanese identificò quel che restava dei templi del dio coccodrillo e in particolare, a Tebtynis, rinvenne la vasca dove un piccolo del rettile veniva accudito e venerato. Poi setacciò con grande rigore scientifico entrambi i siti, recuperando, restaurando e pubblicando centinaia di testi su papiro e su cocci di terracotta, opere di letteratura greca (da Omero al poeta Alceo a Platone) o scritti di vita quotidiana (lettere, conti, liste della spesa, contratti di affitto e di compravendita, scontrini fiscali, ricevute di tasse, liste di nomi per il censimento e tanto altro).

Molto di questo è rimasto al Cairo, come il famoso rotolo col riassunto (e il primo verso) di tutti i componimenti del poeta ellenistico Callimaco. Qualche reperto però, dai cocci scritti, a gioielli, ad attrezzi agricoli e strumenti di lavoro, a manufatti per l’arredo domestico ed utensili di ogni genere, è esposto nella mostra milanese. E soprattutto sono mostrate foto inedite, diari e lettere degli archeologi, dotte annotazioni, recuperate tra Milano (raccolta del Castello sforzesco) e l’Università di Pisa. Personalmente, all’interno dei ricchissimi magazzini del Museo egizio al Cairo (il più grande al mondo, contenente anche alcuni reperti trovati da Vogliano) ho recuperato sparute annotazioni da parte dello studioso su un foglietto ingiallito riguardanti l’esatta provenienza di un papiro con testo omerico, che corregge l’ipotesi errata sul luogo del rinvenimento di questo e altri testi, avanzata da Claudio Gallazzi, altro studioso della Statale, che da quasi 30 anni scava a Tebtynis proseguendo l’opera del suo illustre predecessore.