
L’accordo riguarda circa 40mila operatori di contact center in Italia
È un fine anno, per i lavoratori dei call center, nel segno di proteste che sfoceranno in un presidio convocato per la mattina del 30 dicembre in largo 11 Settembre, davanti alla Prefettura. Una manifestazione contro quello che le sigle delle telecomunicazioni di Cgil, Cisl e Uil hanno definito un nuovo “contratto pirata”, siglato dall’associazione di categoria Assocontact e dal sindacato Cisal, che “riconosce aumenti salariali irrisori per i prossimi tre anni” a fronte di un peggioramento delle condizioni di lavoro, toccando in particolare maternità e permessi, in un settore già ad alto tasso di precarietà. “Assocontact – spiegano Slc-Cgil, Fistel-Cisl e UilCom – dopo aver tergiversato per 9 mesi osservando a distanza la trattativa, taglia corto ed esce allo scoperto sottoscrivendo un contratto in dumping”. Il contratto prevede meno di 8 euro subito e ulteriori 42 euro dopo 18 mesi, per un totale di circa 50 euro di aumento salariale per 5 anni, dal primo gennaio 2023 al 31 dicembre 2027. Il tutto, fa notare la UilCom, “a fronte di un indice di riferimento all’inflazione sui prezzi al consumo che è oltre 215 euro solo per il trienno 2023-2025”. Si traduce quindi in una paga oraria di appena 6,50 euro per gli operatori assunti come co.co.co., i più precari tra i circa 40mila operatori di call center in Italia. Le ore di permesso passeranno da 104 ad appena 48. Mentre il contratto delle telecomunicazioni prevede che l’indennità di maternità viene integrata al 100%, inoltre, l’intesa Assocontact-Cisal comporterebbe un’integrazione graduale che scende al 50% e poi scompare. Poi ci sono “pezzi di salario indiretto o differito come la malattia, i permessi, le maggiorazioni per il lavoro festivo o notturno, il supplementare e straordinario, e tanti altri diritti contrattuali che con il contratto appena sottoscritto da Assocontact vengono ridotti abbattendosi pesantemente sul salario delle persone”.
Un contratto definito “pirata” da Cgil, Cisl e Uil perché firmato da una sigla, la Cisal, che non avrebbe una reale rappresentanza nel settore, ma nonostante questo si è seduta al tavolo approvando condizioni valide per tutti. “Se non è questo un chiaro esempio di dumping – spiega il segretario generale UilCom Lombardia Luca Fratantonio – vanno riscritti tutti i dizionari esistenti. Vogliamo impedire di rispedire il settore in una giungla senza regole. La sottoscrizione del Ccnl tra Assocontact e Cisal segna un pesante passo indietro nelle conquiste delle lavoratrici e dei lavoratori delle aziende del settore dopo anni di lotte. In un solo colpo si sono cancellati diritti e stabilità contrattuale frutto di anni di trattative e confronti, eludendo al contempo anche le leggi”.
I sindacati chiamano quindi in causa anche le aziende committenti, che hanno affidato a imprese esterne i servizi al centro del nuovo contratto che “comporterebbe a regime una riduzione di oltre il 15% sul costo orario del lavoro, smantellando completamente la “clausola sociale” che ha garantito piena continuità occupazionale a circa 30mila addetti in 6 anni di cambi di appalto”. Accuse respinte da Assocontact che, con il presidente Lelio Borgherese, ha presentato il nuovo contratto come una “risposta alle sfide che il mondo della contemporaneità pone al mondo dei contact center”. Un contratto “equilibrato, migliorativo e innovativo” per i lavoratori, ultimo tassello di una “strategia di trasformazione, che punta a tutelare di più i cittadini, i professionisti e le aziende, valorizzando l’intera filiera dedicata alla relazione con il cittadino e il consumatore”.