'Woodstock non è mai finito': il racconto del festival che cambiò il mondo

Nelle pagine del giornalista milanese Luca Pollini

L'ultimo libro di Luca Pollini

L'ultimo libro di Luca Pollini

Milano, 20 agosto 2019 - Woodstock, ovvero quando l'utopia divenne realtà. Sono passati cinquant'anni dal grande festival ricordato in questi giorni, ma il suo mito resta ancora intatto. Non solo per la musica di Jimi Hendrix, Neil Young o Santana che ancora sopravvive, ma per i suoi contenuti rivoluzionari. 

A raccontarlo è lo scrittore e giornalista milanese Luca Pollini con un libro edito da Elemento 115 ("Woodstock non è mai finito", prezzo di copertina 14 euro) arricchito da un intervento di Franco Bolelli e dalla prefazione di Dario Salvatori. Nelle 192 pagine del libro, Pollini ricorda un evento, ma soprattutto svolge una tesi: l'appuntamento musicale di quello storico agosto del '69 a  Bethel fu qualcosa che ancora oggi sopravvive nell'immaginario collettivo perché simbolo delle tensioni rivoluzionarie di un'intera generazione, i cui germi risalgono agli anni precedenti. Un vento di ribellione contagioso dagli States all'Europa, raccontato attraverso leggende, documenti e aneddoti.

"Il Festival di Woodstock - è la tesi del libro - è stato il punto più alto di un percorso iniziato all'alba degli anni Sessanta: tra la  nomina di Kennedy e la nascita dei Beatles e dei Beach Boys, dall'arrivo di Bob Dylan a New York fino ai primi movimenti studenteschi a Berkley.  Ma soprattutto si è manifestata la presa di coscienza da parte di un'intera generazione di giovani che aveva iniziato a immaginare una vita diversa e quell'enorme campo dove si erano riuniti in 500mila è stato il punto geografico in cui è convogliata tuttta questa energia fatta di sogni, progetti, immaginazione, senza violenza o rivolta, solo per affermare, positivamente la propria volontà".

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