Da Volare a Gabbani, alla Bicocca le lezioni sono pop

Lezioni video con Emanuele Ferrari: vi svelo i segreti dei tormentoni

Emanuele Ferrari professore Bicocca, pianista

Emanuele Ferrari professore Bicocca, pianista

Milano, 2 luglio 2018 - Dal tormentone “Mi fai volare” a “Last Christmas”, passando per “Occidentali’s Karma”. Cinque incursioni trans-pop, formato Facebook, reinterpretate al pianoforte e spiegate, con autorevolezza e la giusta leggerezza, dal pianista e professore di Didattica della Musica Emanuele Ferrari. Nasce così un nuovo filone firmato dall’Università Milano-Bicocca per svelare il segreto dei grandi successi dopo il corso e la miniserie web #Capirelamusica dedicata ai maestri della musica classica. E anche le nuove puntate continuano a viaggiare nell’etere conquistando decine di migliaia di visualizzazioni. 

Ferrari è già stato premiato in occasione della competizione internazionale “Reimagine Education Awards” di Philadelphia per la sua didattica innovativa, ha dato vita a una stagione intensa al Teatro Litta con l’associazione Certe Note e con i suoi spettacoli che uniscono al pianoforte, teatro e poesia, ed è stato invitato anche oltreoceano per una lezione-concerto alla Brown University di Providence. 

Professore Ferrari, come nascono queste pillole pop? «Diego di Donato, addetto ai Social Media dell’Università Milano Bicocca e mio alter ego mediatico, mi ha proposto una newsletter mensile, con i tormentoni musicali. Video da 5 minuti in cui suono, mi approprio del brano, lo spiego e lo comunico. Sono andato a nozze. Così è iniziato un viaggio fra il jazz e dintorni, Last Christmas, Rovazzi e Gabbani, per arrivare alla sigla di Quark».   

Ci sarà pure un corso ad hoc? «Ci ho pensato, ma in classe, con le studentesse, mi sembrerebbe una scorciatoia suonare la sigla del Muppet Show. Nelle mie lezioni è un orgoglio vederle rapite da Chopin a Schubert. E poi in aula possiamo permetterci ancora di stare nel “vecchio mondo” da 56 ore. Questo è un esperimento molto social, destinato a tutti, alle studentesse e al pubblico, una sfida e uno sforzo di sintesi, senza però banalizzare la riflessione, seguendo le idee migliori». 

Com’è passare dall’interpretare Schubert a Gabbani? «Nella mia formazione professionale ho altri “precedenti penali”. Ho scritto saggi su Capossela e De André, ho frequentato i corsi di Siena Jazz, ho fatto parte di una sgangherata e simpaticissima jazz band e il jazz dà le chiavi per leggere il pop. Anche dietro a questi video c’è uno studio di mesi, mi faccio le stesse domande che mi pongo per il Notturno di Chopin. Di solito, in Bicocca o al Teatro Litta, con le serate dell’associazione Certe Note, mi sento un po’ come un latinista che mostra quanto attuale possa essere Cicerone o Tacito, qui invece è come se mostrassi quanto latino c’è nella lingua che parliamo ogni giorno».

Nelle sue videoclip, diventate virali, applica la stessa “griglia di lettura” sia per l’analisi di un grande classico sia nel caso del tormentone... «C’è un orizzonte comune: suonare i pezzi, farmi delle domande sul loro senso, condividere col pubblico le risposte che mi do. “Condividere” per me significa sia dire che far sentire al pubblico; e “sentire”, a sua volta, significa sia far udire suonando – come quando si dice“parla più forte, non ti sento” -, sia far provare emotivamente, come quando diciamo “vorrei confidarti ciò che sento”».

In cosa invece il meccanismo è completamente differente?  «La vera novità è che qui sono costretto ad adattare i brani per il pianoforte, il che significa arrangiarli, visto che sono scritti per voce e molti altri strumenti. La sfida è che il ritmo è in primo piano, il che significa che questa musica ha un tasso di corporeità molto alto. Col pianoforte devo ricreare la macchina orchestrale, la danza. Sono soddisfatto del risultato». 

Insomma, queste per lei non sono solo canzonette... «Lo dirò in modo ancor più radicale: il fatto che siano canzonette potrebbe essere abbastanza, basta che siano buone canzonette. La musica è un Lego fatto di suoni. Deve esserci una costruzione che regga, c’è dietro la tecnica. Io cerco di dimostrarlo e di farlo sentire al pubblico, trasmettendo emozioni con un ascolto critico». 

Ha avuto feedback da Rovazzi e Gabbani? «Non mi hanno ancora scritto (sorride, ndr). Ma ho avuto un feedback generoso da Giovanni Allevi per il metodo che adotto in classe, lo ha definito “dirompente”. Mi ha fatto molto piacere».  

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