
La violinista Serova
Il tango è biondo, dal suono potente e avvolgente come la musica di Anna Serova. La violista russa di fama internazionale è in scena al Castello Sforzesco di Milano il 17 agosto con Tango all’opera. La tradizione argentina intreccia duetti e sinfonie dei grandi operisti italiani come Rossini, Verdi e Puccini, creando un colore nuovo, vibrante e unico nelle rivisitazioni di Roberto Molinelli. Con Serova e Tango Sonos si esibiscono i due straordinari ballerini Jessika Santodomingo e Ricardo Cabrera. L’album "Tango all’opera Roberto Molinelli Anna Serova & Tango Sonos" è considerato dalla critica "fra i migliori e più originali del 2023".
Maestra, come dialoga il tango con l’opera italiana?
"Il tango nasce con l’emigrazione italiana a nizio Novecento verso l’America Latina; molti compositori di tango hanno cognomi italiani fra cui Piazzolla, Pugliese, Troilo, D’Arienzo, De Caro. Tutti sono stati influenzati dall’opera italiana e dalla canzone italiana. Molinelli ha ideato questo progetto per far incontrare i celebri duetti della lirica italiana con la tradizione argentina, è una rilettura originale, ricca e varia di colori. La passione è il filo rosso che unisce la musica".
La musica del tango è stata scritta per la danza o ha una sua autonomia?
"I suoni del tango sono un mondo a sé in cui puoi trovare i ritmi più struggenti, passionali e liriche melodiose, cantabili come arie d’opera; in questa musica ci sono diversi generi di danza fra cui la milonga oltre che il tango stesso".
E’ arrivata giovanissima in Italia. Cosa crede di avere ricevuto?
"Ormai sono 25 anni. Nel 1999 mi hanno invitato per alcuni concerti, vivevo in Francia ma mi sono subito trasferita qui, è il mio paese del cuore, ho il passaporto italiano, solo in Italia mi sono sentita veramente a casa: qui è iniziata la mia carriera di solista e insegnante. Ho vissuto a Verona, poi a Pesaro, finalmente abbiamo trovato casa a Milano al quartiere Forlanini: siamo sempre in viaggio, è una zona perfetta. E poi mio figlio vive a Città Studi, sta finendo il dottorato in Ingegneria al Politecnico, ama così tanto questa città che mi ha convinta a raggiungerlo".
Quanto dà l’insegnante all’interprete e viceversa?
"Se insegni un brano già eseguito, magari duecento volte, ti confronti con un giovane artista che propone la sua idea di musica; questo accade sia in Conservatorio che nei master che tengo in giro per il mondo. Deve essere un rapporto dialettico".