Bolero, il sogno realizzato di Roberto Bolle: "Ora mi godo quel che la vita offre"

Il “divin Roberto“ dal 10 al 17 maggio è super guest del Béjart Ballet Lausane al teatro degli Arcimboldi "Debutto nella mia amata Milano”

Roberto Bolle

Roberto Bolle

Boléro, Béjart, Bolle, le tre B che fanno tutto esaurito. Di per sé. Se a ciò si aggiunge Milano, la città dove Bolle è nato alla danza, con la grande platea degli Arcimboldi pronta a riceverlo, il gioco è fatto. Roberto Bolle, da mercoledì al 17 maggio, è super guest del Béjart Ballet Lausane, la casa madre dove si coltiva il repertorio doc del maestro-Divo, del coreografo più “pop-olare” del 900; e il successo ce l’ha già in tasca.

In programma “Alors on danse…!”, colorato omaggio a Tersicore del direttore del BBL Gil Roman, e “Sept Danses Grecques”, un sirtaki alla maniera di Béjart, per belli e giovani, efebici e virili, con graziose ragazze in punta, sulla musica di Mikis Thodorakis, notissimo per “Zorba il greco” con Irene Papas, Alan Bates e Anthony Quinn; al “Bolero” tocca il gran finale con Bolle, già interprete top di questa hit alla Scala.

Il clou al botteghino, ora che la memoria di Béjart, amante di tutte le culture del mondo, è lontana dal pubblico più giovane, è la presenza di Roberto nel suo pezzo più “iconico”, l’erotico “Bolero” di Ravel, che termina con il protagonista, solo sul suo tavolone tondo arancio, divorato dalla massa orgiastica degli astanti. Chi non vorrebbe essere in quel cerchio ravvicinato?

A Milano è riservato il debutto in Italia di questo gran evento B-B-B. Bolle, perché qui e ora?

"Milano è la mia città e il pubblico mi segue sempre, attento, ricettivo. Rinnovo la mia presenza usuale di maggio agli Arcimboldi, dove a ottobre porterò anche tre gala ‘Bolle and Friends’, come a casa".

Un Bolero “divisivo”. Che ha di tanto speciale, e desiderabile, questo balletto di culto, per il “divino Roberto“?

"Ho avuto il desiderio di ballare ‘Bolero’ fin da giovanissimo, dal 1995 quando l’ho visto con Luciana Savignano. Ho cercato di farlo inserire nel cartellone della Scala, da étoile, ma sembrava un sogno impossibile, anche perché non viene concesso facilmente alle compagnie che lo vorrebbero, ma poi nel 2018 è venuto il momento magico e il desiderio si è avverato. È un brano speciale, diverso da tutti gli altri e l’ho capito interpretandolo; da quel tavolo rialzato non si può uscire. Il pubblico vede in evidenza la fatica, il sudore, l’adrenalina del crescendo che travolge tutti...per finire mandando la sala in fiamme, ballerini e pubblico".

Jorge Donn, Sylvie Guillem, Patrick Dupond, ognuno è diverso nel “Bolero”. Com’è da dentro quello di Bolle? Quali sono le difficoltà tecniche e quelle espressive da affrontare?

"Ognuno ha il proprio ‘Bolero’, che inoltre cambia ogni sera; io devo dosare le mie energie, fisiche e spirituali, per arrivare al termine".

Come è cominciata l’avventura del “Boléro”? Chi glielo ha insegnato per il debutto alla Scala?

"Ho lavorato con Gil Roman, Elisabet Ros, béjartiana doc dal 1997, e ora con Luciana Savignano, provando alla Scala".

Quale futuro immagina ancora per la sua carriera? Produttore, direttore artistico? O maestro?

"Queste serate Béjart, che produco come Artedanza, sono un passo circoscritto, oltre ai gala, alla tv, a On Dance. Mi sento più a mio agio come direttore artistico, scegliendo i nomi e i contenuti. Insegnare mi piace, comunicare, dare l’esempio, anche se adesso ho poco tempo, girando il mondo in scena, da Buenos Aires, con ‘Caravaggio’ di Mauro Bigonzetti al Colón, a un tour di gala in Australia. Mentre avviene scopro nuove coreografie moderne, da Duato a Brumachon, in maniera più matura di un tempo".

È un momento di felicità in scena e felicità nella vita?

"Posso dire di sì. Sono aperto al nuovo, a quel che la vita mi offre ogni giorno".

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro