DIEGO VINCENTI
Cultura e Spettacoli

Renato Sarti: "Manteniamo vivo il pensiero con l’arte"

Il direttore artistico del Cooperativa: lettura, poesia, una lingua da studiare contro le ansie di questi giorni

Renato Sarti

Milano, 28 marzo 2020 - Renato Sarti è uomo di Resistenza. Contro i revisionismi storici, la fragilità della memoria, i virus (sociali) di tutti i tipi. Non a caso il suo Teatro della Cooperativa è proprio lì nel cuore della Niguarda Antifascista, due passi dalla sede locale dell’Anpi. Ma il palcoscenico è ora chiuso a data da destinarsi. E allora si fanno i conti con la paura e la gioia di vivere. L’arte e le notizie in cronaca.

Sarti, come sta il Cooperativa? "Credo che siamo stati fra i primi a chiudere, a dire “Tutti a casa” nonostante i dubbi iniziali. Ma d’altronde molti dei nostri spettatori lavorano all’Ospedale di Niguarda e i loro racconti sono stati fin da subito molto allarmanti". Ieri non è stata una grande Giornata Mondiale del Teatro. "Ogni discorso viene dopo la cronaca, il rispetto per il dolore e per il sacrificio di tanti. Ma in qualche modo bisogna mantenersi vivi con la testa. Ce l’ha insegnato Primo Levi. Certo la situazione non è uguale, ma il pensiero, l’arte proteggono dalla paranoia. Condividere i canti della Divina Commedia, una poesia a memoria, imparare il francese". Lei cosa sta leggendo in questi giorni? "“La verità del male” di Bettina Stangneth. Mi ha colpito per come racconta la figura di Eichmann in maniera opposta ad Hannah Arendt, grazie ad alcuni documenti successivi, sconosciuti alla filosofa tedesca. Ne esce la figura di un uomo ben diverso da quel modesto e banale travé dello sterminio, capace di nasconersi dietro maschere, travestimenti, fandonie. Un vero e proprio personaggio teatrale". Qualcosa di più spensierato? "Ho ritrovato i miei burattini! Mi hanno guardato come a rimproverarmi di averli dimenticati. E così abbiamo messo sui canali social del teatro “Arlecchino e Brighella nel bosco dei giganti”, una commedia per bambini degli Anni 80. Nel cast c’è anche una giovanissima Ida Marinelli. Al tempo ero infatti socio dell’Elfo ed è lì che ho costruito la Baracca. Un mondo che ho amato tanto e che mi spiace avere accantonato". Per i più grandi? "Alcuni documenti difficilmente rintracciabili. Come una meravigliosa intervista a Paolo Poli o “I due gemelli veneziani” di Squarzina con il grandissimo Alberto Lionello. Abbiamo chiamato queste proposte “Consigli per gli artisti”. E cercheremo di portare un po’ di sollievo alla gente". Il sorriso è da sempre parte del suo linguaggio. "Sì, perché il teatro comico è il teatro popolare. Anche se parliamo di una comicità precisa, lontana dalle derive televisive, da tormentoni o volgarità". Sta lavorando su qualcosa di nuovo? "Sì, qualche paginetta, un inizio. Di solito scrivo in fretta, sotto scadenza. Questa volta però mi posso concedere un po’ di tranquillità, per così dire. Scrivere è fondamentale ». Cosa farà una volta «libero»? "Ti vorrei dire che sarebbe bello tornare a casa in barella, ubriaco fradicio di Campari e vino bianco. Ma mi mancano i miei nipotini, gli amici, gli affetti. E questa cosa mi commuove e non mi fa pensare ad altro".