Myss Keta, la regina è tornata: "Il 2021? Me lo immagino vaccinato, da tante cose"

Il nuovo ep "Il cielo non è un limite" sembra un inno alla libertà. Si lascia ispirare da Ballard e Grace Jones. Ma senza dimenticare le cicatrici della sua Milano

Myss Keta

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Milano, 3 dicembre 2020 - Il testo che segue è contenuto in Buongiorno Milano, la newsletter che dal primo dicembre Il Giorno invia alle persone che si sono iscritte alla community dei lettori. Per la prima volta i lettori potranno scegliere un prodotto completo, che offre un’informazione dettagliata, arricchita da tanti contenuti personalizzati: oltre alle notizie locali, una guida sempre aggiornata per vivere in maniera nuova la propria città, consigli di lettura e il commento di un ospite: oggi la cantante Myss Keta. Per ricevere via mail la newsletter clicca su  www.ilgiorno.it/buongiornomilano.

La regina è tornata: Myss Keta. Ovvero, l'invisibilità che spinge alla devozione. Che ormai fra velo, mascherina e occhiali da sole, la regina della notte è pura astrazione. Il nuovo ep "Il cielo non è un limite" sembra un inno alla libertà. Si lascia ispirare da Ballard e Grace Jones. Ma senza dimenticare le cicatrici della sua Milano. Difficile non adorarla.

Myss, che 2021 s'aspetta? «Me lo immagino vaccinato. Da tante cose. Innanziatutto dal Covid. Ma anche dalle forze oscure che alimentano i bassi istinti dell'intolleranza, del negazionismo, del populismo e delle altre derive buie».

Il New York Times l'ha definita "regina mascherata della Milano by night". «Già. Sono nata nell'underground milanese, nei templi del clubbing estremo e quell'impronta lì non me la tolgo. Quando il mondo diventa crudo, notturno, mi trovo meglio».

Qual è la parte più milanese di questo disco? «Appartiene a Milano perché è nato qua. Dovendo scendere nel dettaglio, direi sicuramente "Rider bitch", perché appunto parla dello sfruttamento dei rider e basta scendere in strada per averne il senso. Ma pure "Photoshock", perché punta il dito sull'ossessione dell'immagine e sulla tendenza a pretendere da essa più di quello che è. Quindi nella città fulcro dell'industria della moda, dell'arte, della rappresentazione, ha una sua ragion d'essere».

Si sente ancora milanocentrica? «Certo. Milanocentrica, italocentrica, eurocentrica: questi sono i passaggi. Prima i testi erano molto local, mentre oggi si aprono al mondo. Finché operi solo qua è ovvio che la tua dimensione coincida con quella della città. Ma man mano che allarghi la tua sfera d'azione, espandi la mente pure in altre direzioni».

Un'artista export? «Sì, non dimenticherò mai però che il mio primo show è stato al Glitter e che le ossa me le sono fatte qua. Ora gli orizzonti sono più larghi, tant'è che in questo ep come lingue uso pure l'inglese, il tedesco e, addirittura, il greco antico. Ma rimango una "milanese nel mondo". Mi dovrebbero dare l'Ambrogino d'Oro per questa definizione».

Qual è il suo posto qua in città? «Quello del cuore è Porta Venezia in quanto un posto di scambio e d'incontro. Al parco ho vissuto momenti molto belli con le persone del mio cuore. Anzi, lancio un appello perché diventi il Parco delle Ragazze di Porta Venezia. Vediamo se sarà accolto».

E con Montanelli che facciamo? Lo sfrattiamo? «Eh, chissà cosa ci riserva il futuro...».

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