
Johnny Marr
Milano, 29 novembre 2018 - C’erano una volta gli Smiths. E ci sono ancora. Per Morrissey, Johnny Marr, Andy Rourke e Mike Joyce, infatti, quello di “Meat is murder” e The queen is dead” è un passato che non passa, come ribadisce la mobilitazione dei fan per l’arrivo questa sera (giovedì 29 novembre) al Fabrique dello stesso Marr. L’ultimo album solista del chitarrista di Ardwick, “Call The Comet”, è uscito lo scorso giugno trainato dai singoli “The tracers” e “Hi hello”, ma l’adrenalina per questa sua rentrée milanese sta soprattutto nelle memorie virate nostalgia di quella folgorante stagione degli anni Ottanta che lo show lambisce recuperando cose come “There is a light that never goes out” o “You just haven’t earned it yet, baby”.
Cinque anni in cui gli Smiths hanno costruito attorno alla loro musica l’alone grandeur che li avrebbe accompagnati per i successivi trenta di cui Marr, all’anagrafe John Martin Maer, 55 anni, parlerà pure questa mattina alle 12 alla Feltrinelli Red di Via Sabotino presentando l’autobiografia “Set the boy free”. Il volume racconta, infatti, quel 1982 segnato dal destino in cui John incontrò Steven Morrissey dando vita al nucleo di quello che sarebbe diventato uno dei gruppo rock alternativi più popolari e amati degli anni Ottanta e lui uno dei chitarristi più influenti della sua generazione.
Ma anche le avventure seguite all’epopea di “Strangeways, here we come” comprese quelle nei The The dell’amico Matt Johnson, negli Electronic (di cui in concerto esegue un paio di pezzi) con Bernard Sumner, o, ancora, dell’attività di sessionman con i Pet Shop Boys, con Bryan Ferry, con Paul McCartney, con i Talking Heads, fino alle collaborazioni più recenti con con i Modest Mouse, con Hans Zimmer o con i Cribs. «Mi sento più orgoglioso ora di essere un musicista di quanto non lo sia mai stato», dice col pensiero alle tante esperienze maturate dopo la rottura del sodalizio con Morrissey. Marr è riuscito perfino a trovarsi uno spazio tra i terribili fratelli Gallagher mettendo la chitarra in “Heaten chemistry” degli Oasis. Ma con Noel Gallagher è tornato a collaborare anche di recente grazie al singolo “If love is the law”. E a chi, facendo leva sul fatto che ha lavorato in due dei più grandi gruppi di Manchester, gli chiede quale sarebbe più propenso a veder rinascere, Oasis o The Smiths, lui risponde “Oasis”. Anche se con una postilla rilevante. «Sinceramente, non penso che debbano farlo; perché il passato non torna e perché non c’è nulla di sbagliato nel provare a percorrere strade nuove».