Joe Barbieri e l’album tratto da una storia vera. La sua

Giuseppe Barbieri ritorna con al fianco una schiera di amici, da Carmen Consoli e Cammariere, Tosca, Bosso

Joe Barbieri

Joe Barbieri

Milano - Joe Barbieri lo definisce un disco “totale” e fa bene. “Tratto da una storia vera”, la sua, è infatti un album autobiografico già dal titolo. Dopo aver omaggiato il sorriso triste della Holiday (“Dear Billie”), il musicista napoletano trapiantato nella Capitale si scrive addosso dieci nuove canzoni con la complicità di Fabrizio Bosso, Mauro Ottolini, Carmen Consoli, Luca Bulgarelli, Alberto Marsico, Sergio Cammariere, Tosca, sedimentando pensieri, parole, suggestioni di un ventennio."Effettivamente uno dei brani, ‘Alla fine’, l’avevo nel cassetto dagli inizi del Duemila e m’è sembrato giusto tirarla fuori per metterla nell’abbraccio collettivo di questo disco, assieme a composizioni recenti e recentissime composte e arrangiate durante il lockdown".

Come ha incrociato la strada dei tanti ospiti di questo lavoro? "Se con Tosca lavoro da anni, con Cammariere abbiamo iniziato a ‘frequentarci’ durante il lockdown e ancora mai incontrati. Con Carmen, invece, ci eravamo trovati solo una volta per strada a Catania; solo recentemente ho scoperto che ama un mio album, ‘Maison maravilha’, così ho pensato di proporle il duetto di ‘In buone mani’, canzone che ho scritto e cantato per mia moglie il giorno in cui ci siamo sposati".

C’è tanto Brasile nelle sue canzoni. "Quella è una passione nata in relativamente epoca recente. Il Brasile sa coniugare ritmo, armonia e melodia in maniera clamorosa e per un napoletano come me innamorarsi di quella musica è un gioco da ragazzi. E poi noi italiani abbiamo avuto la grande lezione di Sergio Bardotti, ponte straordinario tra la cultura latina e quella di casa nostra".

A proposito di Brasile, in ‘Niente di grave’ c’è il violoncello di Jaques Morelembaum. "La passione per lui nasce da ‘Casa’ il tributo a Jobim realizzato in trio con la moglie Paula Morelembaum e Ryuichi Sakamoto. Una folgorazione che m’ha spinto ad andare indietro nel tempo a riscoprire le cose meravigliose fatte da Jaques pure con Caetano Veloso, a cominciare da ‘Livro’".

Ci sono due scuole di pensiero, quella secondo cui l’artista è tale quando riesce ad esprimersi facendo a meno di tutto, pure del pubblico, e quella secondo cui invece esiste perché esiste un pubblico. Lei da che parte sta? "Per me, la musica, è solitudine e ha bisogno di non essere ‘corrotta’ dal confronto. Poi, quel ‘confronto’ diventa vitale. Come l’acqua per la crescita della pianta".

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