ANDREA SPINELLI
Cultura e Spettacoli

Irene Grandi si racconta: “Sanremo? Non posso dire nulla. In un’altra vita sarei maestra di yoga”

La cantante in tour per i trent’anni di carriera, poi la riedizione del disco antologico “Canzoni di Natale”.

Irene Grandi

Irene Grandi

È bastata la battuta di un’intervista, “non posso dire nulla, però c’è un bel microclima in Liguria a febbraio”, per catapultare Irene Grandi sul palco del Festival di Sanremo. S’intitola davvero “Microclima” il brano che ha presentato a Conti? Ah, saperlo. Intanto, però, “Irek” è in concerto domani al Manzoni col Fiera di Me Tour, il giro di concerti con cui festeggia i trent’anni di una carriera iniziata proprio in Riviera col quarto posto tra le Nuove Proposte della sua “Fuori”.

Tutto sommato, le andò peggio di Bocelli, primo con “Il mare calmo della sera”, ma meglio di Giorgia, settima con “E poi”.

“La fortuna fu quella di non farmi prendere sul palco dall’emozione, ma ricordarmi esattamente cosa fare, come guardare nell’occhio della telecamera fissa e ‘dialogare’ con quella mobile dell’operatore che mi girava attorno. Questo nonostante la bocca secca e i brividi provati pochi istanti prima nel retropalco al momento di entrare in scena. Oltre a cantare bene, sembrava che avessi il pieno controllo mio e della scena, caratteristica che poi mi avrebbe sempre caratterizzato in carriera. Merito della tanta gavetta, ma anche di un’indole naturale a cui sono grata”.

Era il ’94. L’anno prima il Festival aveva laureato Laura Pausini e Nek, mentre quello successivo sarebbe stata la volta di Neri per Caso, Gianluca Grignani, Daniele Silvestri. Insomma, una vera Golden Era.

“Innanzitutto, c’è da dire che le case discografiche avevano validi direttori artistici. Io e Laura, ad esempio, dobbiamo molto a Fabrizio Giannini, al tempo in Cgd. Così come molto gli deve Tiziano Ferro. Ma c’erano pure produttori d’esperienza, Dado Parisini nel mio caso, in grado di guidarti con polso fermo lungo il cammino. Un tempo si trovava il talento e lo si portava sulla scena, mentre nell’era dei social e dei talent show lo si cerca direttamente sulla scena. Questo è apparentemente più democratico, ma anche pericoloso, perché magari uno butta tre anni di vita prima di scoprire che quella non è la sua strada”.

Irene Grandi è nata a Firenze nel 1969
Irene Grandi è nata a Firenze nel 1969

Non fosse andata così, s’è mai chiesta cosa avrebbe fatto?

“Magari avrei scoperto la meditazione prima e sarei diventata una grande maestra di yoga”.

Beh, lo è.

“Sono insegnante. Nell’educazione alla pratica dello yoga ci sono tre livelli: istruttore, insegnante e maestro, ma non credo che lo diventerò mai, perché ho troppi vizi, troppo poca ascesi, per aspirare a tanto”.

Lezioni ne tiene?

“No. Mi limito ad insegnare qualche asana, qualche esercizio di respirazione, a mia mamma, a mia cognata, a qualche amica ogni tanto, magari in vacanza, se ne hanno voglia”.

Tornando a Sanremo, dov’è stata in gara cinque volte (quasi sei diciamo, dai). Delusa dal no di Baudo nel 2007 a “Bruci la città”, divenuta poi uno dei suoi più grandi successi?

“No, non troppo. Sono un po’ fatalista su certe cose non sto lì a inginocchiarmi sui ceci o a colpevolizzare questo o quello. Su quel brano scritto con Francesco Bianconi dei Baustelle sentivo, però, un’unanimità rara e questa sua capacità di mettere d’accordo colleghi, discografici, produttori, me lo rendeva speciale. Può capitare a tutti di sbagliare, pure a SuperPippo, nonostante sembri infallibile”.

Bollani, Jovanotti, Ramazzotti, Vasco, Daniele, Bianconi, Copeland. Quanto ha contato nella sua vita artistica crescere in buona compagnia?

“Tantissimo. Ho avuto la fortuna di conoscere molti di loro già ragazza e di plasmare parte del mio carattere facendo tesoro del loro insegnamento. Il fatto che ti diano fiducia artisti così importanti aiuta tanto la tua autostima, dà coraggio e fiducia”.

Potendo aggiungere qualcuno, chi avrebbe voluto?

“Probabilmente una superdonna come Sade, la mia prima icona soul e il mondo musicale a cui devo certe colorazioni della mia voce. Ma anche Annie Lennox, che nel 2000 ho avuto la ventura di sfiorare sul palco del Pavarotti & Friends”.

Il 22 novembre ripubblica “Canzoni di Natale” in digitale (il 6 dicembre in formato fisico), una delle pochissime raccolte di canzoni con la coccarda capace di vincere la tradizionale indifferenza italica verso il genere.

“La scelta giusta è stata probabilmente quella di dargli un’anima italiana, puntando su canzoni radicate non tanto nella tradizione americana ma nella nostra, a cominciare da Modugno, Mina o una canzone quale ‘More than words’ degli Extreme reinventata nella versione fatta a loro tempo da Luca Carboni e Jovanotti”.

Quel disco del 2008 torna impreziosito da “Last Christmas” degli Wham!.

“Grande successo inglese, ma pure italiano che ha influenzato un’intera generazione. Leggero, pop, ma classico allo stesso tempo, soprattutto in versione acustica”.

Prossimo album?

“Lavori in corso. Spero entro il prossimo autunno”.