Giuseppe Battiston: il mio Winston fa i conti con Churchill

Al teatro Parenti in un ruolo politico: "Personalità debordante e mente finissima"

Giuseppe Battiston "Wiston vs Churchill"

Giuseppe Battiston "Wiston vs Churchill"

Milano, 29 dicembre 2019 - C’era chi scappava all’alba. E chi invece rimaneva al fianco del proprio popolo. Per resistere insieme alla violenza nazi-fascista. Ha cambiato la storia Winston Churchill. Incarnando una visione della politica che poi deve esserci scivolata via fra le dita. Uomo di eccessi (whisky, sigari, champagne), amava lavorare dal letto e in credenza aveva perfino un Nobel per la Letteratura. Insomma: personalità enorme. Che dall’8 gennaio arriva al Franco Parenti grazie a Giuseppe Battiston. Lui il protagonista di "Winston vs Churchill", testo di Carlo Gabardini per la regia di Paola Rota. Al suo fianco Lucienne Perreca. Per raccontare di un uomo anziano. Che fa i conti con sé stesso e con la vita.

Battiston, come sintetizzerebbe la complessità di Churchill? "Aveva una personalità debordante e una mente raffinatissima. Io e Paola Rota ci siamo avventurati nello studio di questo personaggio per la sua genialità, per l’originalità del suo pensiero. Ma premetto che questo spettacolo non è né una lezione di storia né di politica. Raccontiamo un personaggio che si confronta con il proprio passato".

Cosa insegna alla politica contemporanea? "Churchill ha investito la propria vita per cercare di costruire un futuro per la sua generazione, per il suo Paese, per il suo popolo e per l’Europa. E già questa è una preziosa lezione. È stato un politico che ha avuto una visione prospettica e non si è accontentato di gestire il presente. Soprattutto il suo modo di fare politica non era teso ad offendere gli avversari ma a proporre idee innovative. Quindi, completamente distante dall’epoca attuale".

Lei come si è spiegato l’inattesa sconfitta alle urne del 1945? "Ha preso tante decisioni aspramente contrastate e quindi è possibile che fosse diventata anche una figura in qualche modo "scomoda" per il Regno Unito".

A livello teatrale cosa l’ha interessata? "La struttura dello spettacolo vede Churchill nella tarda età, nella sua residenza di Chartwell, alle prese con i ricordi. E lo mette in contrapposizione con il personaggio dell’infermiera, una ragazza. È interessante il confronto generazionale, vedere un politico che parla a un giovane. Dal punto di vista teatrale è l’aspetto più coinvolgente, la riflessione che mi interessava portare al pubblico".

Cosa continua a cercare a teatro? "Qualcosa da raccontare al pubblico, perché resterò sempre convinto del fatto che il teatro è un atto politico ma non deve essere mai un atto fazioso. Quindi, cerco di far pensare lo spettatore portandogli degli esempi alti, forti. Churchill è una figura esemplare".

Perché è così insofferente al successo? "So che l’apparire fa parte del mio lavoro e cerco di essere sempre disponibile. Ma amo la discrezione e cerco di amministrare la visibilità con prudenza".

Che obiettivi si era posto al termine della Paolo Grassi qui a Milano? "Di creare un mio modo di lavorare. E ho avuto enormi soddisfazioni, anche perché ho incontrato due persone che per me sono state fondamentali. Alfonso Santagata a teatro, con cui continuo a condividere un lungo percorso. Mentre al cinema Silvio Soldini, di cui ho fatto otto film".  

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