ANDREA SPINELLI
Cultura e Spettacoli

Ghemon, è tutto Scritto nelle stelle

Esce l’album del rapper: perché tenerlo nel cassetto? I momenti duri della vita servono per cambiare strada

Ghemon, avellinese, vive a Milano

Milano, 24 aprile 2020 - E liberaci dal luogo comune. "Sinceramente non credo che “andrà tutto bene”, ma credo che, una volta superata l’epidemia, questo “bene” dovremo conquistarcelo col sudore della fronte", sostiene Ghemon, al secolo Giovanni Picariello, chiuso nel suo appartamento milanese in zona Maciachini. "Personalmente ho sempre trovato nel lavoro, nella creatività e nel coraggio le armi per affrontare le sfide che la vita mi ha messo davanti". Prendiamo il nuovo album “Scritto nelle stelle”, ad esempio; il rapper avellinese trapiantato a Milano aveva pianificato di pubblicarlo oggi e, al contrario di tanti colleghi che si sono fatti riscrivere l’agenda dal Coronavirus spostando all’autunno i loro nuovi progetti, l’ha fatto per davvero.

Nessun calcolo “di convenienza”, quindi, in previsione di presentazioni pubbliche e concerti. "E perché mai? Anche se credo di aver inciso un disco senza bollino di scadenza, pubblicabile ora come fra un anno, non mi andava di tenerlo nel cassetto. Sentivo il bisogno di farlo conoscere a tutti e l’istinto ha prevalso. Quando tornerà il momento propizio per promuovere musica portandola sui palchi magari ne farò un altro. Al momento io sono queste canzoni".

Da lunedì lo promuoverà pure con un “instore digitale”. E che cos’è? "Un’idea last-minute per rispondere alle necessità del momento. Non posso, infatti, non mostrare riconoscenza verso quei fan che comprando il disco in prevendita, dopo aver ascoltato in radio solo qualche singolo come “Questioni di principio”, “In un certo qual modo” e “Buona stella”, mi hanno dato fiducia a prescindere. Quindi l’instore digitale, grazie al quale potranno incontrarmi virtualmente seguendo le indicazioni che hanno ricevuto al momento dell’acquisto, è un modo per ripagarli di tanta attenzione".

Cosa c’è di scritto nelle “stelle” del titolo? "Quando superi i momenti duri della vita e ti guardi indietro, non pensi solo che la fortuna doveva girare, ma anche che quelle difficoltà ti sono servite per andare da un’altra parte. Questo penso sia valso, ovviamente, anche per quanto riguarda la mia carriera".

L’esperienza di questo “lockdown” sta lasciando un segno? "Innanzitutto, non vedo l’ora di rientrare in studio per fare quello che non posso fare a casa. Lavoro dalle parti di Via Sarpi e quindi a circa quattro chilometri da qui; non potendo certo violare il blocco devo fare musica arrangiandomi come posso. Nel tanto tempo libero che lascia l’isolamento, riflettendo su questo mestiere ho pensato a come il mio amico Gigi Datome, ala del Fenerbahçe e capitano della nazionale azzurra di basket, sia riuscito a creare con i compagni che giocano negli altri club un sindacato europeo dei giocatori, mentre a noi della canzone questo non è mai riuscito".

Perché? "Perché ognuno preferisce guardare “al suo orticello”, trascurando i traguardi che invece un solido spirito di gruppo potrebbe consentire di raggiungere a noi musicisti e a tutti quelli che lavorano in questo ambiente".