
Gene Gnocchi
Rho (Milano), 3 febbraio 2018 - Arriva nell’hinterland milanese, con il suo trolley, un liquidator e un panino al cotto, Gene Gnocchi protagonista dello spettacolo teatrale “Il Procacciatore” scritto a quattro mani con Simone Bedetti. Dopo il successo al Teatro Franco Parenti di Milano, l’artista emiliano sarà di scena nell’auditorium comunale di via Meda a Rho, questa sera alle ore 21.
Come è nata l’idea dello spettacolo?
«Per dare speranza alla gente. È uno spettacolo che tocca tantissimi temi d’attualità, tra imbonitori e politici che cercano di vendere speranze, fino alla tecnologia che ormai domina la nostra vita».
Come si svolge lo spettacolo?
«Il protagonista dello spettacolo è proprio un personaggio che fa questo tipo di operazione, vendere la sua ricetta miracolosa. Ma mentre sta facendo una conferenza davanti ad un pubblico numeroso accade un imprevisto, la app che gestisce le slide mostra al pubblico tutti i messaggi privati che arrivano al conferenziere. Questo crea una serie di sfortunati eventi che costringono il protagonista a cercare altri modi e parole per portare a termine l’incontro e risolvere situazioni della sua sfera privata. Non è facile per lui».
A chi rivolge lo spettacolo e cosa vuole dirci?
«È uno spettacolo divertente che si rivolge a tutti. Fa riflettere sulla nostra vita ormai legata agli smartphone, sono loro che usano noi e non siamo noi ad usare loro. Molti sono letteralmente schiavi della tecnologia, si fanno condizionare la vita, guardano lo schermo continuamente».
Una tecnologia troppo invadente?
«Sicuramente si. Tra lati positivi e negativi, bisognerebbe essere capaci di recuperare i rapporti umani e quelle piccole cose di ogni giorno che ci danno speranza».
Che rapporto ha Gene Gnocchi con la tecnologia?
«Io lo spengo il cellulare, soprattutto quando non serve. Non ho l’ansia di essere sempre raggiungibile o di dover controllare assiduamente lo schermo per vedere se ci sono messaggi o se qualcuno mi ha chiamato».
È travolto dalle polemiche a causa della battuta su Claretta Petacci, se lo aspettava?
«No, non me lo aspettavo. La mia battuta è stata completamente travisata. Io non ho mai detto che la Petacci è un maiale, mi hanno messo in bocca una cosa che non ho mai detto, però basterebbe andare a rivedere quel pezzo della trasmissione. Io ho semplicemente fatto un ragionamento comico: partendo dal fatto che ormai tutti gli animali domestici hanno un nome, ho semplicemente dato un nome al maialino della Meloni. Non ho chiesto scusa perché ritengo di non aver offeso nessuno e rivendico il diritto di fare satira».