Cinquant’anni dopo, il Re è di nuovo Nudo. “Polli e droga? La protagonista fu la musica”

I ricordi di Franco Fabbri, che con gli Stormy Six fu protagonista sul palco dei raduni degli anni ‘70. Lo storico festival ritorna, in versione ridotta, alla Fabbrica del Vapore fra il 21 e il 23 giugno

Il pubblico al Festival; nel tondo, Franco Fabbri (Stormy Six)

Il pubblico al Festival; nel tondo, Franco Fabbri (Stormy Six)

Milano, 10 maggio 2024 – L’assalto al furgone dei polli surgelati, le proteste sopra e sotto il palco, le botte, la droga. Tutto vero. Ma il Festival di Re Nudo non fu solo quello celeberrimo al Parco Lambro nel 1976. Fu tante altre cose. Musica innanzitutto. Sei edizioni all’insegna della libertà e dell’immaginazione al potere partite da un prato nei boschi di Ballabio, passato per le rive pavesi del Po, l’Alpe del Vicerè e l’arrivo, dal 1974, a Milano. L’occasione per riparlare di quel Festival è il suo ritorno, in una versione ridotta, alla Fabbrica del Vapore dal 21 al 23 giugno.

"I polli e tutto il resto? Io la cosa che ricordo di più dell’edizione del ’76 è il meraviglioso concerto di Don Cherry, indimenticabile". Più forte dello scandalo, insomma, l’arte: Franco Fabbri, fondatore degli Stormy Six, che di Festival di Re Nudo se ne intende, avendo suonato in tutte le edizioni ad esclusione proprio dell’ultima, non ci sta a ridurre l’avventura di quei raduni colorati e spontanei al solo loro epilogo. Ora Fabbri ha 75 anni, è un professore universitario di Economia della musica, musicologo di fama internazionale e autore di libri sulla storia della musica, ma negli anni 70 era l’anima di una delle band più importanti della scena italiana, gli Stormy Six appunto. E non solo per gli inni del Movimento Studentesco, basta citare “Stalingrado”, “La manifestazione”, “Dante Di Nanni”, ma (soprattutto) per l’approccio alla musica, libero ma anche rigoroso, sperimentale ma anche popolare. Nel cartellone di quei Festival (che in realtà non esisteva, almeno nelle prime edizioni), il loro nome c’era sempre.

Franco Fabbri, gli Stormy Six erano sul palco nella prima edizione del Festival di Re Nudo a Ballabio, cosa ricorda di quel concerto?

"La prima cosa che mi viene in mente era il posto. Un prato al termine di un sentiero nel bosco. C’era un impianto recuperato da uno degli organizzatori e poco altro. Nonostante i pochi mezzi a disposizione non ricordo però particolari problemi tecnici. Del resto, noi all’epoca eravamo diventati un gruppo ‘di pronto intervento’, per sostenere battaglie politiche suonavamo ovunque ci chiamassero, anche con pochissimo preavviso. Gli inconvenienti non ci spaventavano, erano davvero all’ordine del giorno. In quel concerto in particolare, ricordo che attaccai la chitarra all’amplificatore di Alessandro Melchiorre che poi è diventato un grande compositore di musica contemporanea. Con noi sul palco poi suonò anche un giovanissimo Alberto Camerini, che l’anno dopo portammo in studio di registrazione. C’era parecchia gente ad assistere al concerto nonostante l’organizzazione artigianale e nonostante il posto non fosse proprio comodo da raggiungere".

Siete poi stati sul palco di tutte le altre edizioni del Festival, tranne l’ultima. Come andarono?

"Dopo Ballabio fu il turno di Zerbo, sulle rive del Po, in provincia di Pavia. Un’edizione ancora più avventurosa della precedente. Tra i principali ricordi, non solo miei, ci sono sicuramente le zanzare. Poi, nel 1973, arrivò l’edizione clandestina all’Alpe del Vicerè, nel Comasco, dove le dotazioni tecniche erano ancora più minime. Non venne concessa l’autorizzazione per l’evento e quindi non c’era corrente. Noi ci esibimmo completamente in acustico, anche la voce era senza amplificazione. Poi arrivò Franco Battiato con la sua attrezzatura elettronica e in qualche modo riuscirono a recuperare un generatore".

Dall’anno dopo, nel 1974, arrivò il Parco Lambro. Gli Stormy Six furono i primi a salire sul palco.

"A quel punto l’organizzazione era già più professionale. E la gente era davvero tanta. Ho molti ricordi di quei giorni, il più vivido, che all’epoca però mi lasciò perplesso, fu la marea di bandiere rosse che sventolò quando si esibirono gli Area nel ’75. Il ricordo più bello è forse legato a Lucio Dalla, che era già molto famoso, ma come tutti i grandi era di una modestia sorprendente".

Voi saltaste proprio il Festival del ’76, cosa andò storto in quell’edizione?

"La verità è che l’atmosfera generale era cambiata. L’aria era diversa. Nel ’74 ci fu il referendum sul divorzio, l’anno dopo le amministrative con il balzo del Pci, nel ’76 tutti si aspettavano il sorpasso della sinistra, che però non ci fu. La rabbia, la frustrazione, le incomprensioni arrivarono anche dal clima pesante di delusione che si respirava".

Questi Festival erano gratuiti o costavano poche lire, che impressione le fa vedere quanto costano adesso i biglietti per i concerti?

"Davvero mi chiedo come si possano pagare certe cifre. Sembra una follia, però ormai l’industria discografica si basa in pratica sugli incassi dei concerti, non c’è alternativa".

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