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'Non posso aspettare domani', a teatro si parla al femminile del dramma dei migranti

Per celebrare la Festa della donna, la compagnia ‘Nonsolomamme’ ha deciso di rispolverare gli studi classici per parlare di un dramma reso attuale dalle tragedie dei tempi nostri di GIUSEPPE DI MATTEO

Spettacolo teatrale 'Non posso aspettare domani'

Milano, 7 marzo 2016 - Due moire raccontano il destino intrecciando i fili  di un telaio e scorrendo lentamente la matassa di un gomitolo. Un gruppo di donne sta per iniziare un lungo viaggio verso nuovi lidi di speranza in compagnia di una maschera che prefigura l’altro da sé, da temere o  incontrare dopo aver solcato il mare, lasciando il noto alle spalle per  conoscere l’ignoto. Per celebrare la Festa della donna, la compagnia teatrale ‘Nonsolomamme’, nata da un progetto della cooperativa LaFucina e in collaborazione con il Comune di Vimodrone, ha deciso di rispolverare gli studi classici per parlare di un dramma reso attuale dalle tragedie dei  tempi nostri: l’odissea dei migranti e la loro voglia di riscatto oltre la fuga. 

‘Non posso aspettare domani’, presentato ieri a Villa Scheibler, a Milano, in occasione delle celebrazioni dell'8 marzo, è un gioco sottile  tra vita e destino, cantato dalle divinità e accompagnato dalle preghiere  delle protagoniste, pronte a sfidarsi per costruire un futuro altrove.  “Tutto nasce da un’iniziativa della Caritas - spiega Milena Rivolta - regista  della rappresentazione teatrale - e noi abbiamo deciso di accettare  proponendo un tema difficile, ma strettamente attuale, partendo da  alcune storie vere sulle quali abbiamo poi costruito una drammaturgia  cimentandoci con parole e danze”. 

Non un evento isolato. LaFucina, nata nel 2001, è infatti un laboratorio di  idee che cerca di promuovere percorsi formativi in ambito sociale e che  conferisce al teatro un valore civile combinando giochi di espressione  corporea e improvvisazione, così da coinvolgere lo spettatore.  “L’esperienza più forte è stata il racconto di due ragazze somale -  continua Rivolta - e il nostro spettacolo è anche un modo per far capire  quanto sia importante accogliere e ascoltare l’altro”. Anche perché, dopo mille traversie, spesso il viaggio più difficile è il  momento dell’arrivo: “La nostra terra inghiottita non esiste sotto i piedi/  nostra patria è una barca, un guscio aperto. / Potete respingere, non  riportare indietro, / è cenere dispersa la partenza, noi siamo solo andata”,  scrive Erri De Luca.