ANDREA SPINELLI
Cultura e Spettacoli

Enrico Nigiotti in redazione: "Il mio obiettivo è essere felice. E sul palco lo sono"

Il cantautore e il suo terzo album 'Cenerentola': "Dedicato alle donne che mi hanno salvato"

Enrico Nigiotti ha regalato una canzone ai lettori-ascoltatori de Il Giorno

Milano, 6 ottobre 2018 - Le donne a volte ti condannano e altre ti salvano. Parola di Enrico Nigiotti che, ha spiegato ieri in redazione al Giorno presentando il suo terzo album “Cenerentola”, ha la vita traversata da figure femminili. «La più importante è certamente la mia manager, Adele Di Palma, che c’è sempre stata e ha creduto in me anche quando non lo faceva più nessuno. Poi c’è la Pausini, la prima a cui ho scritto una canzone, quella che mi ha aperto la strada dell’essere pure autore. Mara Maionchi, invece, è stata la mia fortuna perché sono convinto che a X-Factor un altro giudice forse non mi avrebbe preso o, comunque, non mi avrebbe fatto lavorare come ha fatto lei. Infine Gianna Nannini, perché ho sempre sognato di cantare con lei e averlo fatto in “Complici” mi riempie di gioia».

La prima è stata, forse, Elena, la fidanzata per cui abbandonò la gara di “Amici” in modo da consentirle di proseguire il suo cammino nel talent.

«Non pensai a me come artista, ma come uomo. Mi ritrovai a sfidare quella che al tempo era la mia ragazza, ma probabilmente, se mi fossi trovato davanti il mio migliore amico, avrei agito allo stesso modo. Noi di Livorno siamo così: passionali. Ero anche giovane, avevo vent’anni».

Cosa le ha insegnato quell’esperienza?

«Che il popolo non lo inganni e, nonostante la mediazione del mezzo televisivo, capisce esattamente se sei autentico oppure no. Ma anche se hai qualcosa di vero da proporre, tant’è che, episodio a parte, Amici non sono riuscito a sfruttarlo mentre X-Factor, grazie a un pezzo come “L’amore è”, sì».

Perché “Cenerentola”?

«Per esprimere il desiderio di rinascere dalle mie ceneri avrei potuto chiamarlo anche “La fenice”, ma un titolo come “Cenerentola” è più fiabesco. L’album raccoglie cose scritte in questi anni, ma senza l’idea di realizzare un disco perché non sapevo se avrei avuto l’occasione d’inciderne un altro».

Quando è nato il Nigiotti cantautore?

«Ho cominciato a scrivere canzoni dopo aver ascoltato sull’autoradio di un mio amico Luigi Tenco che cantava “Angela, Angela, angelo mio…” Poi arrivarono De Gregori, Fossati, De André, Dalla, e poi Vasco».

Le sue radici sono blues, partono da Clapton e arrivano a Steve Ray Vaughan.

«La folgorazione m’è venuta a 12 anni, guardando la sitcom americana “Crescere che fatica!” in cui uno dei protagonisti suonava la chitarra. Quando lo dissi a mio padre, fan sfegatato di Clapton, fu come sfondare una porta aperta. Da Clapton sono passato a BB King, a Hendrix e infine a Vaughan, che reputo il più grande chitarrista della storia».

Palcoscenici?

«Il posto più giusto per un album come quest’ultimo è il teatro, per questo il 3 dicembre saremo all’Auditorium di Milano, il 5 al Goldoni di Livorno e il 10 al Parco della Musica di Roma. A Milano omaggerò Gaber, nella mia città Ciampi e a Roma Califano».

Poi?

«Il mio obiettivo è essere felice. E sul palco sono felice. Se poi un giorno la felicità diventasse vendere i gelati in un’isoletta delle Canarie, prendo la valigia e vado».