Gennaro Malgieri
Cultura e Spettacoli

IL LIBRO DE IL GIORNO DI GENNARO MALGIERI Quel Congresso di Vienna che segnò le sorti d’Europa

Duecento anni fa si chiudeva il Congresso di Vienna, convocato nella primavera del 1814 dalla potenze che sconfissero Napoleone e lo relegarono nel minuscolo “regno” dell’Isola d’Elba. Stranamente in Italia poco o niente si è ricordato dell’avvenimento che ridisegnò i confini dell’Europa

Il libro de Il Giorno di Gennaro Malgieri

Milano 19 giugno 2015 - Duecento anni fa si chiudeva il Congresso di Vienna, convocato nella primavera del 1814 dalla potenze che sconfissero Napoleone e lo relegarono nel minuscolo “regno” dell’Isola d’Elba. Stranamente in Italia poco o niente si è ricordato dell’avvenimento che ridisegnò i confini dell’Europa. Qualcuno dirà che la Penisola era solo “un’espressione geografica”, come sosteneva Metternich, e dunque perché prendere parte alla discussione che altrove è stata particolarmente intensa? Non è così se si considera che proprio l’Italia fece le spese delle decisioni dei Grandi convenuti nel castello di Schoenbrun e se la divisero a loro piacimento. Per fortuna l’editore Castelvecchi ha in parte lodevolmente rimediato alla mancanza pubblicando un “classico” sull’argomento, il volume di Harold Nicolson che resta il testo più completo e analitico del famoso consesso. Lo storico inglese non si limita infatti a descrivere le posizioni che si scontrarono e si ricomposero a Vienna, ma delinea gli scenari che precedettero il summit, con l’uscita (temporanea) di scena di Napoleone che riapparve per cento giorni nel febbraio del 1815 e gettò nel panico i congressisti che pregustavano una pace senza limiti, a loro uso e consumo. In realtà, sia pure in un’ottica molto filo-inglese, Nicolson sostiene che tanto Talleyrand che Metternich, i veri “padroni” del Congresso, insieme con lo zar Alessandro, trovarono un’intesa che tuttavia decenni dopo si sarebbe rivelata fragile, soltanto mettendo in discussione la geopolitica napoleonica e dunque riappropriandosi di ciò che l’Imperatore aveva conquistato, ma ristabilendo i confini della Francia prima dell’ascesa del Corso: fu questo, più che un atto di generosità, un gesto di cortesia nei confronti di Talleyrand stesso, memori tutti dei suoi plateali tradimenti che contribuirono alla caduta di Napoleone. In effetti il Congresso di Vienna, come spiega Nicolson, cominciò a Parigi, subito dopo la fuga di Napoleone a Fontainebleau, quando lo zar vi arrivò e s’installò a casa di Talleyrand che immediatamente, come Vice-Grande Elettore, convocò il Senato che gli diede il mandato di costituire il governo provvisorio il cui primo atto fu la deposizione di Napoleone e l’invito a Luigi XVIII a tornare in Francia. Cominciò così la “nuova èra”, mentre al piano superiore del Palazzo di rue Saint-Florentin, dove abitava il principe di Benevento, lo zar si godeva la scena e prendeva le misure, presumibilmente in accordo con il suo ospite, della nuova Europa: Francesco d’Austria e l’insignificante re di Prussia osservavano a distanza. A Vienna se non tutto venne ratificato, Metternich non ebbe grandi difficoltà ad imporre i suoi schemi, accontentando la Russia e la Francia già appagata dal fatto che i Borboni erano tornati sul trono. Pochi decenni dopo, Napoleone III s’incaricò di dimostrare quanto fosse fragile quella pace. HAROLD NICOLSON Il Congresso di Vienna, Castelvecchi