
Paolo Cevoli
Milano, 1 febbraio 2017 - Imprenditore con l’obbi del cabarè. Scritto come si pronuncia, per non far sentire a disagio nessuno... Così si autodefinisce Paolo Cevoli. E già par di sentire quella cadenza romagnola inconfondibile, di chi è nato e cresciuto a Riccione, fra piadine e turiste tedesche. Sulla carta d’identità probabilmente c’è ancora scritto «consulente nel settore ristorazione»: quello il lavoro ufficiale. O qualcosa del genere. Pazienza che dal 2001 è parte integrante della squadra di Zelig. Ma questa volta il Cevoli lo si incrocia nel più salottiero Teatro Manzoni, che stasera alle 20.45 lo ospita con «Perché non parli».
«Fatti, non pugnette», commenterebbe con impareggiabile dono della sintesi il suo Palmiro Cangini, assessore alle «attività varie ed eventuali» di Roncofritto Superiore. Prima di partire con l’abituale supercazzola politichese in stile Ugo Tognazzi. Ma qui niente politica. E non c’è spazio nemmeno per il buon allevatore Teddi Casadey, altra maschera fortunatissima. Lui e il suo tormentone «Un maiale è per sempre». L’ispirazione è più nobile, per così dire. Storica. Come da qualche tempo succede quando il Cevoli arriva a teatro. E così dopo la buona accoglienza de «La Penultima Cena» e «Il Sosia di Lui», questa volta si porta in scena Michelangelo Buonarroti. O meglio, il suo garzone Vincenzo «Cencio» Donati, gran balbuziente a cui il genio si rivolge con un delicato «Perché non parli, bischero tartaglione!». Fra vicende dell’epoca e un cabaret travestito da commedia, un nuovo monologo storico scritto dallo stesso Cevoli con la regia di Daniele Sala. E potrebbe valere la pena lasciarsi incuriosire dal progetto. Che ha ormai alle spalle ottimi numeri.
Serata comunque parecchio ridanciana sui palcoscenici milanesi. Dove fa piacere rivedere anche Alberto Patrucco, ovvero l’intelligenza applicata alla risata e alla canzone d’autore (su tutti l’amatissimo Brassens). Da oggi a venerdì in prima nazionale al Verdi di via Pastrengo debutta «C’era una svolta», lavoro scritto insieme ad Antonio Voceri all’interno del cartellone di «Talkin’ Menotti».
Fra musica e parole, viaggio un poco nostalgico nella Milano di fine Anni Settanta. Quando si era piccini così. È qui che approda un giovane cabarettista della Brianza. Un mondo di poeti e saltimbanchi, night club fumosi e serate complicate, difficoltà e colpi di genio. Per quello che è il racconto di come si diventa grandi, imparando soprattutto a non prendersi troppo sul serio. Mentre come di consueto gratuiti gli spettacoli allo Spazio No’hma, dove stasera e domani si rivede «L’Ottimista», ovvero il Candido di Voltaire nella rilettura che ne ha fatto Leonardo Manera con la regia di Marco Rampoldi.
Dal testo del 1759 si parte per un dissacrante sberleffo al potere, all’ignoranza, all’ottusità, al fanatismo religioso. Non si salva nessuno. Mentre ci si lancia alla ricerca della felicità. Visto che quello che viviamo non pare esattamente essere il migliore dei mondi possibili. Anzi. Sempre fresca la comicità lunare dell’attore bresciano. Risate di qualità. E, ovviamente, un saluto festoso a tutti.