
Libri a confronto di Antonio Calabrò
Milano, 3 maggio 2015 - Un'ombra di felicità, tra le pieghe della vita. Cercando, tra parole e gesti, desideri e sconfitte, il senso del tempo che ci tocca vivere. I buoni libri raccontano storie di uomini e donne, di speranze giovanili e fatiche senili. Aiutano a vedere, in altre esistenze letterariamente ricostruite, brandelli delle nostre. Un prolungamento dell’esperienza, un ampliamento dell’anima. Vivere, insomma, è scoprire. E poi, magari, ricordare. Succede a Carlo Monterossi, autore d’una trasmissione Tv trash di gran successo, Crazy Love, protagonista di “Dove sei stanotte” di Alessandro Robecchi, per Sellerio (lo avevamo già visto in azione in “Questa non è una canzone d’amore”, straordinaria sarabanda d’avventure, tra la commedia sofisticata e il picaresco). Siamo a Milano, nei giorni del Salone del Mobile, nell’anno dell’Expo. E Monterosso si ritrova in salotto uno sconosciuto, stralunato e immemore giapponese. Poi lo rivede, morto, nel portabagagli della sua auto. Parte da qui una storia ricca di killer, agenti dei servizi segreti, poliziotti un po’ sfigati ma acuti, star della Tv, hacker improbabili e, soprattutto, una variopinta umanità di sudamericani che abitano al Corvetto, periferia un tempo operaia e oggi irrequieta e conflittualmente cosmopolita. Monterosso gira in incognito, con una parrucca bionda. S’innamora di María, peruviana bellissima. È ospitato e protetto da El Papa, gran giocatore di scacchi… E scopre un mondo tutto diverso da quello dei ritrovi fatui di moda, design e spettacolo. Molto più duro. Molto più autentico. Vivere è avere occhi nuovi per stupirsi, capire novità. Cercare, comunque, un brandello di felicità.
Come prova a fare Italo Gorini, professore costretto, da un’artrite deformante, a vivere i giorni duri degli oltre ottant’anni in una sedia a rotelle. È il personaggio chiave de “La badante”, di Matteo Collura, per Longanesi. E la sua vita si trascina, tra memorie ancora vivide e lampi di passioni, in una grande casa abitata da Paula, la badante appunto (una quarantenne romena d’intensa umanità), il figlio Desiderio, ragazzone sensibile e svogliato, un’anziana sorella. La luna che irrompe in una stanza, risvegliando i ricordi delle parole di Ciàula di Pirandello e d’altre notte di tempi allegri. Lo spirito caustico d’un letterato. Il gesto d’una mano che cerca affetto. E poi il degrado della malattia, aggravata dall’Alzheimer. La svolta nella vita di Paula. E le parole di Desiderio sul padre: “Lui non concepirebbe un mondo in cui non ci sia felicità, gioia di vivere…”. Ci provano, a costruirla, una felicità personale e familiare, Aurora e Giovanni, ragazzi messinesi in una stagione simbolica e terribile, raccontata da Nadia Terranova in un grande e forte romanzo per Einaudi, “Gli anni al contrario”, fine anni 70, anni di piombo. Ma si illudono, si sprecano tra terrorismo ed eroina, si abbandonano. Per ritrovarsi, servirà una figlia, un dramma, una malattia. Vale la pena, vivere il dolore? “Gli occhi della picciridda che quado nacque spaventò suo nonno più di un mafioso e meno di un professore di matematica… sono semplicemente tutto ciò che mi serve per continuare a raccontare”. Sta nel raccolto, allora, una forma di felicità? Lo testimonia Maribella Piana nelle pagine di “I ragazzi della piazza”, per Bompiani. Catania, anni Sessanta. Vacanze di mare. Adolescenza che diventa adultità. Canzoni, amori, politica. E le durezze di vite conflittuali e controverse. Ci si salva, alla fine. Ma avvertendo le fitte della solitudine. Alleviate dai ricordi. Di quei giorni felici…