Aljoscha, l’artista ucraino che ha trasformato Santa Maria degli Angeli: “Ho dato forma ai sogni di pace e bellezza”

Milano, la grande installazione esposta per la Design Week: “I politici devono fermare la sofferenza della gente”

Un'opera di Aljoscha donata a Papa Francesco. A destra, la grande installazione dell'artista ucraino nella chiesa di Santa Maria degli Angeli a Milano

Un'opera di Aljoscha donata a Papa Francesco. A destra, la grande installazione dell'artista ucraino nella chiesa di Santa Maria degli Angeli a Milano

Milano – Tra i progetti presentati alla Milano Design Week vengono esposte anche le opere dell’artista contemporaneo ucraino Aljoscha, autore che ha realizzato numerosi progetti in Germania, Italia, Stati Uniti e altri Paesi. A Milano le sue opere vengono presentate nella chiesa di Santa Maria degli Angeli e fino al 28 giugno al Tempesta Gallery.  

Raccontaci un po’ del tuo percorso da Lozova (città nella regione di Kharkov) a Düsseldorf. Dove hai studiato in Ucraina e perché hai scelto l'Accademia delle Belli Arti di Dusseldorf?

"In Ucraina ho ricevuto una formazione come economista a Kharkov e poi ho capito che volevo tornare all'arte. Questa seconda esperienza in Germania era attraente per un livello molto più elevato di ambiente culturale, accessibilità a vari eventi, opportunità di sviluppo e contatti con artisti all'avanguardia.

Ho letto le tue interviste all'inizio della guerra. Cosa pensi della situazione adesso?

"Non ho cambiato la mia opinione sulla violenza come strumento statale di paura e sottomissione. La violenza disumanizza, opprime, sottomette, umilia, incoraggia i crimini. I politici devono fermare la sofferenza della gente e cercare la pace. Soprattutto nell'est e nel sud dell'Ucraina, dove ogni giorno viene versato sangue e le case vengono distrutte, da dove proveniamo io e mia moglie, dove le nostre famiglie e i nostri amici si nascondono ogni giorno dalle bombe e dai missili, la gente aspetta la pace”.

Ho notato che i tuoi lavori vengono spesso presentati nelle chiese. A cosa è dovuto questo? Perché questo spazio ti attrae?

"La mia filosofia del bioismo, della bioetica e dell'ingegneria paradisiaca è un po' utopica e perfino sacra a suo modo nelle sue fondamenta. Le mie installazioni monumentali sono trascendenti anche se viste formalmente. Ciò interessa e attrae i preti-filosofi. Spesso ci occupiamo di argomenti simili: carità, felicità, valore di ogni vita, riflessioni sul tema: ‘Come potrebbe essere il paradiso?’ E poi i templi sono spesso più grandi dei musei e, stranamente, a volte ti permettono di realizzare progetti più audaci.

Ricordo una frase detta tanti anni fa da un amico di famiglia, un matematico: “L’arte è l’ecologia dell’anima”. Quando collochi le tue sculture in scuole, case di cura e luoghi in cui si trovano persone socialmente svantaggiate, credi che i tuoi lavori possano cambiare in meglio il loro stato d'animo?

"Non ci credo, ma lo spero. Comunque sia, molto spesso sento parole di gratitudine e sincera sorpresa dalle persone apparentemente, completamente con i piedi per terra e poco colti. E questo è ovviamente un dato statistico positivo”.

Sul tuo statement c’e una frase: “Il bioismo è l’idea della necessità di creare nuovi mondi di vita da zero”. Vivi in ​​Europa e negli ultimi due anni, credo, hai visto molti rifugiati ucraini. Pensi che le persone che sono sradicate dal loro mondo possono ricreare i propri mondi personali da zero?

"Posso dire dalla mia esperienza che le persone aperte e alla ricerca impareranno sicuramente le lingue, saranno in grado di integrarsi nella società, acquisiranno nuove competenze e istruzione. Conosco rifugiati che stanno costruendo con successo una nuova vita. E tutto questo non avviene da zero: i nostri connazionali di solito hanno già un elevato livello di etica del lavoro, responsabilità sociale, conoscenze e competenze di base Inoltre, l’Europa è aperta e offre assistenza attivamente: sono stati creati programmi di integrazione e sono in costante miglioramento corsi di lingua; c’è assistenza nella ricerca di un alloggio e di un lavoro, ci sono programmi per preservare l’identità culturale, l’accesso all’istruzione a tutti i livelli è aperto e si creano opportunità di sviluppo professionale, si fornisce sostegno psicologico e si propongono nuove connessioni sociali a tutti i livelli della società. Devi solo essere socialmente attivo”.

Raccontaci delle opere che partecipano alla Design Week e sul loro significato.

"Nella mia opera su larga scala, creata in vetro acrilico pigmentato e concepita come un disegno speculativo per un nuovo superorganismo, realizzo gli antichi desideri dell'Homo sapiens: sogni di pace, felicità, bellezza, eudemonismo e una connessione profonda con tutti gli esseri, durante la quale la gentilezza e la compassione generano deviazioni positive. All'interno della sua traslucenza, a livello personale dello spettatore, avviene un complesso riconoscimento dell'immagine interna e individuale”.

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