Vittorio Boiocchi, lo Zio con l’ossessione dei soldi e una rete di relazioni pericolose

Squadra mobile al lavoro su business dei parcheggi al Meazza, biglietti rivenduti e droga. Quell’incontro al Calypso con Facchineri e Canito, voci sul fratello di “Caniggia“ gambizzato al bar

Milano - Il fragoroso ritorno in Curva , da ras indiscusso. Il desiderio di riprendersi tutto quello che gli era stato negato da un quarto di secolo dietro le sbarre: potere e soldi. Gli amarcord dei tempi della Corvetto della "buonanima di Guglielmo" e i nuovi contatti, seppur sporadici, con uomini di spicco dei clan. Fino all’ultimo arresto del 2021 per una tentata estorsione da 2 milioni di euro. Chi sta indagando sull’assassinio di Vittorio Boiocchi, capo della Nord nerazzurra ucciso sabato sera sotto casa sua a Figino con due colpi di pistola calibro 9x21, sta iniziando a scandagliare tutte le relazioni pericolose che il sessantanovenne aveva riallacciato dopo aver scontato pene per un totale di 26 anni e 3 mesi di reclusione. Una serie di rapporti paralleli e su più livelli che moltiplicano le potenziali piste da seguire e rendono particolarmente complessa l’inchiesta degli investigatori della Omicidi della Squadra mobile, coordinati dal pm Paolo Storari e guidati dal dirigente Marco Calì e dal funzionario Domenico Balsamo.

Come sempre , la domanda-chiave resta: perché è stato ammazzato? Non risulta che Boiocchi avesse dietro di sé (né che agisse per conto di) organizzazioni di primo piano a coprirgli le spalle, ma era comunque un personaggio che si portava dietro una storia criminale pluridecennale. E in ogni caso chi ha deciso di tornare a sparare per le strade di Milano lo ha fatto consapevole che il raid avrebbe sconvolto equilibri, attirato riflettori e richiesto spiegazioni "interne" convincenti. Una premessa che porta alla seconda parte del ragionamento: chi si è accollato questo rischio lo ha fatto per un motivo ben preciso e ritenendo quel passo l’unico modo possibile per eliminare una persona diventata scomoda o "pericolosa". Il primo collegamento viene sin troppo facile e porta agli affari del tifo organizzato di fede interista, anche se al momento l’ipotesi che porta a una connessione diretta tra la morte dello "Zio" Boiocchi (leader dei Boys San tra anni ’80 e ’90 e sposato con la sorella di Marco Pisu, altro leader storico di quel periodo poi sparito dai radar) e gli interessi legati al secondo anello verde sembra restare sullo sfondo. In una conversazione con Gerardo Toto intercettata il 19 febbraio 2021, Boiocchi parlava del business legato al Meazza, degli "80mila euro al mese tra parcheggi e altre cose", dei "700-800 biglietti in mano", dei "due paninari" che versavano una somma a ogni partita in cambio del posto e dei 10mila euro che puntuali entravano in tasca una volta a settimana. Frasi sintomatiche di quella che, a detta di molti, era l’ossessione del sessantanovenne: il denaro.

La lunga lista di precedenti parte dal 1974 e da una serie di rapine a mano armata, come ricostruito nell’ordinanza del Tribunale che l’8 giugno 2021 gli ha affibbiato la sorveglianza speciale per 2 anni e 6 mesi. Dieci le condanne definitive per associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di droga e alla ricettazione, porto e detenzione illegale di armi, rapina, sequestro di persona e furto. Tra il ’96 e il ’97, si ricostruisce negli atti, è il responsabile "delle operazioni finanziarie" di un gruppo che importa cocaina dalla Colombia ed eroina dalla Turchia: dell’organizzazione fanno parte i fratelli Giuseppe e Stefano Fidanzati, che gli permettono "di instaurare stretti contatti con esponenti di Cosa nostra siciliana (in particolare con la cosca dei Mannino), nonché con esponenti della mafia del Brenta".

Il 12 giugno 2018, l’affidamento in prova ai servizi sociali dopo la lunga detenzione e il rientro quasi istantaneo alla guida del tifo organizzato. Il 27 luglio 2020 viene controllato dagli agenti di una Volante al bar Calypso di via Correggio: è in compagnia di Vincenzo Facchineri, fratello del boss Luigi dell’omonima ’ndrina (successore del padre Michele detto "Il Papa"), e di Antonio Francesco Canito alias "Caniggia", ras di via Quarti "direttamente legato al clan Magrini, famiglia appartenente alla malavita barese". In quell’occasione, Canito, pur avendo dichiarato di essere arrivato lì con gli altri due a bordo della 500 della moglie di Boiocchi, cerca invano di convincere i poliziotti a non registrare il controllo "associando il proprio nome a quello di Boiocchi e Facchineri". Un episodio sì isolato, ma significativo. E non solo per l’incontro in sé. Un anno e mezzo prima, il 14 gennaio 2019, il fratello di "Caniggia" era stato gambizzato a colpi di fucile in un bar di Baggio. Il fascicolo fu archiviato e il raid rimase senza colpevole, ma sembra che nel corso delle indagini fosse emerso a un certo punto pure un legame col nome di Boiocchi.

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