Vite da soccorritori. Quelle esercitazioni finite in tragedia

L’incidente di ieri e i precedenti in Lombardia

Vite da soccorritori. Quelle esercitazioni finite in tragedia

Vite da soccorritori. Quelle esercitazioni finite in tragedia

MILANO

Il primo pilota era Fabio Avella, 32 anni. Il copilota Luca Grana, 26 anni di Milano. Con loro, a bordo di un elicottero Ab 212 partito da Linate, viaggiavano il sottotenente Mario Di Carluccio, 21 anni, il maresciallo Alfonso Castronuovo, 41 anni di Napoli e l’aviere scelto Angelo De Lucia, 22 anni di Pavia. Era il 26 aprile 2005: il volo terminò contro una parete del Monte Palanzone, nel Triangolo Lariano, tra Caglio e Sormano. Anche quella di 19 anni fa, in provincia di Como, fu una tragica esercitazione. Cinque morti di cui oggi resta il dolore e un omaggio. Un cippo a 1.300 metri, nel luogo dell’incidente: "Dio noi saliamo nella luce per cantare col rombo dei nostri motori la tua gloria e la tua passione". L’incidente di ieri in Valtellina, costato la vita a tre giovani finanzieri del Soccorso alpino impegnati in una scalata in Val di Mello (Sondrio), ha ricordato quel tragico epilogo: giornate di formazione con imprevisti fatali. Questa volta è diventato teatro di morte "un picco di 500 metri, sorretto da un altare di altri 250 metri, che chiude la Val Masino, sul fondo, o almeno dà questa impressione dopo qualche chilometro dal suo imbocco". Sono le parole con cui il lo storico scalatore Ivan Guerini descriveva negli anni 70 la parete più evidente e slanciata della Val di Mello: il precipizio degli Asteroidi. Fu lui, insieme a Mario Villa, a vincere in 10 ore il “precipizio” nel 1977 creando “Oceano irrazionale”, la via più celebre che attraversa la parete. Gli scalatori lo conoscono come un banco di prova importante da superare, con la sua grande “lama” iniziale seguita da “fessure” che permettono di percorrere quel “viaggio verticale” sul granito che ha reso celebre la Val di Mello in tutto il mondo. Una Yosemite Valley delle Alpi, rimasta quasi intatta, dove anche la roccia è stata rispettata proteggendola il più possibile da trapani e chiodi ad espansione.

Pochi giorni fa anche due alpinisti lecchesi hanno perso la vita in montagna. Traditi dalla loro passione più grande. Non erano esercitazioni, ma pur sempre esperti che dedicavano parte del loro tempo al soccorso: Valentino Alquà, 49 anni, e Massimo Ratti, 36. Il 19 maggio sono stati travolti da un muro di neve sul Pigne d’Arolla, a quasi 3.800 metri, in Svizzera. Valentino era segretario amministrativo dei soccorritori della XIX Delegazione Lariana, mentre Ratti, elettricista, era stato tra i fondatori del gruppo alpinisti Asen Park. In piena emergenza Covid, poco dopo la fine del primo lockdown (maggio 2020), Matteo Bernasconi, classe 1982, uno dei Ragni, stava risalendo un canalone del Pizzo del Diavolo, in Valtellina, quando una valanga lo ha travolto. Il 26 giugno 2017 ha perso la vita sul Mont Dolent, nel massiccio del Monte Bianco, Gian Attilio Beltrami: era il presidente della XIX Delegazione lariana del Soccorso alpino e speleologico lombardo, una delle più vaste d’Italia per territorio e numero di tecnici volontari, che include le province di Lecco, Como, Varese e Pavia. Stava accompagnando un altro alpinista, un 23enne della provincia di Milano. Altri due soccorritori lecchesi - Ezio Artusi e Giovanni Giarletta - hanno dovuto arrendersi al tragico destino, questa volta sulla montagna di casa, la più familiare: la Grignetta. Anche loro, oltre ad essere appassionati, facevano parte della XIX Delegazione lariana del Soccorso alpino e speleologico lombardo.

Luca Balzarotti