Vigile Savarino ucciso, il fratello rinuncia alla lotta dopo 10 anni: "Presi in giro"

Nuovo processo d’appello a carico di Stizanin, il passeggero del suv. Carmelo ha scelto di non costituirsi parte civile

I ghisa con la foto di Niccolò Savarino

I ghisa con la foto di Niccolò Savarino

Milano - La decisione di Carmelo Savarino, dopo oltre dieci anni di vane battaglie legali, ha il sapore di una sconfitta per la giustizia. Il fratello di Niccolò Savarino, l’agente della Polizia locale che il 12 gennaio 2012 fu travolto e ucciso da un suv mentre era impegnato in un controllo di routine in via Varè, zona Bovisa, ha deciso infatti di ritirare la costituzione come parte civile nell’ennesimo processo che si sta celebrando a Milano, in una vicenda giudiziaria infinita.

Un atto che si traduce nella rinuncia a far valere, in sede penale, una domanda di risarcimento dei danni subiti. "Siamo stati presi in giro dalla giustizia per tutti questi anni – spiega Carmelo Savarino – e ora abbiamo deciso di porre fine a questa farsa. Facciano pure il processo, ma noi non ci saremo. Almeno evitiamo di spendere soldi per gli avvocati". Parole dalle quali traspare tutta l’amarezza e la "delusione" nei confronti della giustizia. "Da parte degli imputati non è mai stato versato alcun risarcimento perché si dicono nullatenenti – spiega – non è mai stata spesa alcuna parola di scusa o pentimento. Siamo stanchi e delusi". La decisione di fare un passo indietro (l’unica parte civile resta il Comune di Milano) è arrivata nel processo d’appello a carico di Milos Stizanin, il passeggero del suv guidato da Remi Nikolic.

Stizanin, attualmente detenuto in Serbia per fatti di droga, il 6 luglio del 2020 fu assolto per "non aver commesso il fatto" dall’accusa di concorso in omicidio volontario. Secondo la Corte d’Assise nel suo comportamento non non può "leggersi con sicurezza" né "un segnale di adesione" alla "decisione del compagno alla guida dell’auto" di travolgere l’agente né un "atteggiamento di incitamento". Una sentenza impugnata dalla Procura di Milano, che aveva chiesto la condanna. Ora è in corso il processo d’appello, che si sta trascinando tra continui rinvii dovuti a intoppi e difficoltà nel collegamento video con il carcere serbo dove è detenuto l’imputato, difeso dagli avvocati David Russo e Lorenzo Castiglioni. Stizanin inizialmente fu processato per favoreggiamento. Poi l’accusa fu riqualificata in concorso in omicidio, con la notifica di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere a oltre 7 anni dall’episodio, innescando un nuovo e travagliato iter processuale non ancora concluso.

Remi Nikolic, all’epoca minorenne, è stato invece condannato in via definitiva a 9 anni e 8 mesi dai giudici minorili. Ha seguito un percorso di recupero, con l’affidamento in prova, che si è rivelato inutile. Una decina di giorni dopo aver scontato la pena per l’omicidio di Savarino è tornato a delinquere, rendendosi responsabile nel 2020 di furti in abitazione per i quali ha patteggiato 3 anni e 2 mesi. "Intanto noi continuiamo a ricevere schiaffi dalla giustizia – si sfoga Carmelo Savarino – gli unici a sostenerci sono i colleghi di mio fratello e i cittadini, oltre al Comune che ogni anno organizza la commemorazione".

 

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