STEFANIA CONSENTI
Cronaca

Ventisei pietre d’inciampo per il museo open air. Da Charlotte a Lea e Sara, destino deportazione

di Stefania Consenti MILANO Saranno ventisei le pietre d’inciampo che saranno posate in parte il 25 gennaio, in prossimità della Giornata...

Ventisei pietre d’inciampo per il museo open air. Da Charlotte a Lea e Sara, destino deportazione

Ventisei pietre d’inciampo per il museo open air. Da Charlotte a Lea e Sara, destino deportazione

Saranno ventisei le pietre d’inciampo che saranno posate in parte il 25 gennaio, in prossimità della Giornata della Memoria che ricorre il 27 gennaio. Per le altre è stata scelta la data del 7 marzo per ricordare l’ottantesimo anniversario degli scioperi del marzo 1944.

Come ogni anno, ricorda Alessandra Minerbi, presidente del Comitato pietre d’inciampo di Milano (Liliana Segre è presidente onoraria) 13 sono dedicate a

deportati politici e 13 ai deportati razziali. "Ogni pietra racconta una storia - dice Minerbi che è una docente - non c’è una più importante dell’altra, insieme formano una vicenda unica che aiuta nella conoscenza della Storia". Ad esempio Charlotte Thomas, nata nel 1906, sposata e madre di due figli, lavorava alla fabbrica Borletti attiva nella produzione bellica. La Thomas viene arrestata in occasione degli scioperi di marzo e deportata a Mauthausen. Da qui ad Auschwitz e poi a Bergen Belsen dove muore di tifo il 10 aprile 1945. Una pietra in via Odazio 6, al Giambellino, la ricorderà.

Elio Agresti, attivo nella cellula clandestina del PCI a Dergano, operaio alla Breda, è arrestato nelle retate seguite agli scioperi di marzo ‘44. Riesce a fare arrivare un biglietto alla moglie prima della partenza: "Partiamo per la Germania, bacioni a te e Silvana". Deportato a Mauthausen girerà vari campi prima di morire e ad Ebensee il 4 aprile 1945. Come l’anno scorso una pietra è dedicata ad un Internato Militare Italiano. L’ufficiale sottotenente Giorgio Balboni, catturato dai tedeschi dopo l’8 settembre 1943 sul fronte jugoslavo, viene deportato in Germania. Rifiutando di collaborare con la Wehrmacht, è scelto insieme ad altri 212 ufficiali per il lavoro coatto nel campo di aviazione di Dedeldorf. Dal 17 al 24 febbraio 1945 il gruppo di ufficiali organizza uno sciopero, rifiutando ogni possibile collaborazione con i nazisti. La reazione della Gestapo non si fa attendere: un soldato ucciso ogni 10 ufficiali, 21 uomini in tutto. Balboni, insieme ad altri 43 ufficiali, si propone di sostituire uno dei selezionati. Di fronte a tale gesto eroico la Gestapo si decide a commutare la pena della fucilazione alla detenzione nel campo punitivo di Unterlüss.

Toccante la storia di Lea Behar e Sara Dana, rispettivamente madre e figlia che saranno ricordate con una pietra in via Casella 41. Lea viene arrestata in sinagoga dove si era recata per chiedere un sussidio di vedovanza. La figlia che era ricoverata a Pietra Ligure non ha più notizie della madre, le manda una cartolina e viene così rintracciata. Entrambe muoiono ad Auschwitz. E ancora: pietre per Mario de Benedetti e Theresia Herz, marito e moglie. Tentano nel novembre del 1943 la fuga in Svizzera vengono presi e deportati ad Auschwitz: Theresia morirà di stenti nel luglio del 1944, Mario qualche mese più tardi durante le marce della morte.