
"Stabilire una ripartenza per le piscine al chiuso il primo luglio non ha alcun senso. In quella data, con un clima afoso, non ci verrà nessuno a nuotare nelle nostre strutture. Non credo neppure che i gestori riapriranno in piena estate, sarebbe antieconomico". Andrea Sironi, amministratore di Accadueo Group con due club in viale Lucania e via Rucellai a Milano aperti dal 2001, non nasconde la sua amarezza. Le sue palestre di fitness riapriranno dal 24 maggio dopo una chiusura che si protrae dal 26 ottobre ma per le sue 5 piscine al chiuso il via libera è stato concesso settimane più tardi, "nello stesso giorno, il primo luglio, in cui si dà l’ok a sale giochi, bingo e casinò" dice il manager, deluso perché sperava in una ripartenza almeno il primo giugno. "Non esistono evidenze scientifiche che attribuiscano alle piscine coperte il ruolo di cluster e la causa dell’aumento di contagi", sottolinea. Prima della pandemia i due club contavano 3.500 iscritti e 96 collaboratori: "Potranno tornare a lavorare al momento una quindicina. Oltre al danno economico per le aziende c’è un dramma occupazionale". E c’è anche un problema di tipo reputazionale: "Essere fra le ultime attività ad aprire rinforza il messaggio negativo che le piscine al chiuso siano pericolose". I ristori non sono stati finora sufficienti "circa il 20% della differenza di fatturato fra un anno e un altro". "Non sono molto stupito della decisione presa per le piscine coperte perché la mela non cade mai lontano dalla pianta. E la gestione di aperture e chiusure finora non è stata molto intelligente", dice Sironi.
A.L.