Vaiolo delle scimmie, i casi in Lombardia sono 16: ecco chi sono i più colpiti

Dei pazienti lombardi, tutti maschi, oltre due terzi infettati all’estero. Moratti: "Quadro non preoccupante"

Vaiolo delle scimmie

Vaiolo delle scimmie

Milano - Sono sedici i casi di vaiolo delle scimmie scoperti in Lombardia nell’arco di 19 giorni, dal primo diagnosticato la sera del 24 maggio all’ospedale Sacco di Milano a un trentenne da poco tornato da un viaggio in Spagna. Numeri lontanissimi dall’aggettivo "esponenziale" divenuto familiare con il Covid: i contagiati totali dal monkeypox registrati a ieri sono tre in più dei tredici che si contavano in Lombardia lunedì mattina, all’epoca erano appena due in più rispetto a sette giorni prima.

Per fare un paragone , in base all’ultimo aggiornamento rilasciato venerdì dall’Oms, i 1.285 casi di vaiolo delle scimmie confermati in laboratorio all’8 giugno da 28 Paesi di quattro regioni in cui la malattia non è endemica erano aumentati di 505 (cioè di oltre il 39%) rispetto ai 780 che si contavano nel bollettino precedente, del 4 giugno. L’Organizzazione mondiale della sanità valuta il rischio della situazione a livello globale come "moderato" soprattutto perché per la "prima volta molti casi e cluster di monkeypox vengono segnalati contemporaneamente in molti Paesi di aree geografiche disparate", "senza collegamenti diretti di viaggi con le aree (dell’Africa centrale e occidentale, ndr) che l’hanno sperimentato da tempo". "Potrebbe esserci stata una trasmissione non rilevata per diverse settimane o più", osservano gli esperti dell’Oms, e prevedono un ulteriore aumento dei casi identificati "man mano che la sorveglianza si espande in tutte le regioni e i Paesi".

Anche alla luce di questo fatto, il “tredici“ totalizzato dalla Lombardia in poco meno di tre settimane, benché valga quasi metà dei 29 casi censiti in tutta Italia (ma all’8 giugno) in base al bollettino dell’Oms, non è un numero che possa mettere i brividi a una regione che con i suoi dieci milioni di abitanti “cuba“ come un piccolo Stato. E anche a livello Paese l’Italia, con 29 casi individuati, è molto lontana da altri Stati come la Gran Bretagna che ne ha già contati 321, la Spagna con 259 e il Portogallo, arrivato a 191. "Il sistema di sorveglianza sta monitorando la situazione, che al momento non desta preoccupazioni - ha ripetuto ieri la vicepresidente e assessore al Welfare della Regione Letizia Moratti, aggiornando il bollettino via Twitter -. I laboratori lombardi che hanno isolato e genotipizzato il virus sono attivi per identificare e studiare i casi".

Il riferimento è ai virologi e ai ricercatori del Sacco di Milano, che appena tre giorni dopo la scoperta del primo caso lombardo hanno isolato il virus del monkeypox, e ai colleghi del San Matteo di Pavia, che qualche giorno dopo, il 31 maggio, hanno sequenziato l’intero genoma del virus dal tampone vescicolare di un paziente tornato dalle Canarie, arrivando secondi dietro un team di scienziati in Portogallo.

È di ieri invece la notizia che a Roma i ricercatori dell’Istituto nazionale per le Malattie infettive Spallanzani hanno scoperto che il monkeypox individuato nel liquido seminale di un paziente "si è dimostrato capace di infettare e replicarsi in laboratorio". Un indizio a sostegno dell’ipotesi di una trasmissione sessuale alla base dell’attuale focolaio europeo, anche se era già noto che il contagio tra esseri umani potesse avvenire attraverso lo scambio di saliva o il contatto con lesioni cutanee, lenzuola o vestiti. E, come gli scienziati in tutto il mondo non si stancano di ripetere, il fatto che i primi contagi scoperti in questo cluster europeo riguardassero uomini che hanno rapporti con uomini è puramente casuale: chiunque si può infettare (anche al di fuori dell’attività sessuale), e al massimo un fattore di protezione può essere l’età, per la parziale copertura garantita dalla vaccinazione dal vaiolo (umano), che in Italia è stata sospesa nel 1977.

Dei sedici contagiati lombardi, tutti maschi, poco meno di metà (sei) sono trentenni, e altri cinque (il 38%) hanno tra 40 e 49 anni; uno è un ventenne e uno un cinquantenne. Per quasi il 70% (undici su sedici) il contagio è avvenuto all’estero, e soltanto uno dei cinque casi che si sono invece infettati in Italia risale all’inizio della sorveglianza, intorno a metà maggio, mentre tutti gli altri hanno manifestato i sintomi negli ultimi giorni: un altro indizio del collegamento con il "cluster estero". Quasi metà delle sedici infezioni sin qui confermate in Lombardia riguarda persone residenti nel territorio dell’Ats Metropolitana: in sette vivono tra le province di Milano e Lodi. Altri cinque sono del territorio dell’Ats Brianza, mentre ne contano uno ciascuna le Ats di Brescia, dell’Insubria, della Valpadana e di Pavia.

 

 

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