
Il campus di Harvard a Cambridge, Massachusetts, storica università che fa parte della prestigiosa Ivy League
MILANO – Studiare negli Stati Uniti non ha mai fatto così paura. Quello che, fino a poco tempo, era un sogno nel cassetto per molti giovani italiani, si è trasformato in un vero e proprio incubo. Colpa dell’effetto Trump. Il tycoon, infatti, ha sferrato un duro attacco ad Harvard, vietando all’ateneo la possibilità di ammettere studenti provenienti dall’estero. E tra i corridoi dell’università serpeggia un clima di paura e tensione: gli oltre settemila alunni stranieri attualmente iscritti si chiedono cosa ne sarà del loro futuro e non si espongono temendo ritorsioni. Negli States la libertà di espressione sembra vacillare: una condizione che, nel Paese ritenuto da sempre un faro per la democrazia mondiale, assume quasi i tratti di un racconto distopico.
“Sono pronto a spiegarti cosa sta capitando qui, ma non posso rivelarti la mia identità: rischio che mi venga revocato il visto e di dover lasciare il campus per sempre”, spiega Mario (nome di fantasia, ndr), dottorando ad Harvard che, oltre sei anni fa, ha lasciato Milano per concludere il suo percorso di studi in una delle università più prestigiose del mondo. Di tutti gli italiani che abbiamo contattato, Mario è l’unico che ha scelto di raccontare ciò che sta accadendo tra i corridoi dello storico ateneo della Ivy League, ma ha deciso di farlo utilizzando l’anonimato: la posta in gioco, per lui, è troppo alta. Il dottorando, infatti, è a un passo dalla laurea e il suo ostacolo più grande è proprio la recente decisione di Trump: “Dovrei laurearmi fra cinque giorni: sono il primo a raggiungere questo traguardo nella mia famiglia - spiega lo studente con un filo di amarezza nella voce -. I miei parenti dovrebbero arrivare a breve per festeggiare insieme a me, ma ancora non so se mi lasceranno ottenere il titolo di studio”.
La storia di Mario è accomunabile a quella di tanti altri giovani italiani che hanno scelto di studiare ad Harvard e che, al momento, si ritrovano abbandonati in uno straziante limbo a un passo dalla tanto agognata corona d’alloro. “In realtà la scelta di Trump colpisce l’intero ateneo, nessuno escluso - ricorda Mario -. Io ho un visto F1, tipicamente destinato agli studenti, ma sono un dottorando. Questa decisione totalmente inattesa si ripercuote anche sui ricercatori che si apprestano a entrare nel mondo dell’insegnamento o che stanno già tenendo delle lezioni qui”.
Gli studenti, secondo la direttiva governativa, sarebbero costretti ad andarsene dal Paese oppure a dirottare il proprio percorso di studi verso un’altra università statunitense. Una decisione che colpisce oltre un quarto degli studenti iscritti ad Harvard. Una scelta, quella del tycoon, che potrebbe ritorcersi contro gli Stati Uniti, innescando un vero e proprio effetto boomerang. “Voglio farti un esempio: buona parte degli studiosi dell’intelligenza artificiale sono giovani immigrati regolari. Così facendo l’amministrazione Trump colpisce un settore in cui gli States sono molto forti. Si stanno facendo un autogol clamoroso”, spiega Mario.
Venerdì 23 maggio un tribunale federale statunitense ha temporaneamente sospeso l’ordinanza emessa dall’amministrazione del presidente Trump, eppure gli studenti non si sentono affatto sollevati: “Questa è una scelta temporanea, mi sembra di essere tornato ai tempi del Covid, quando non sapevamo se riprendere l’aereo per tornare in Italia o restare qui - racconta il dottorando -. Poi c’è un altro tema: se io adesso dovessi lasciare gli States per qualche giorno e volessi farvi ritorno, potrei essere respinto alla frontiera senza troppe spiegazioni. Questo è un bel problema: una volta respinto, infatti, non potrei tornare qui per ben cinque anni e questo mi cambierebbe la carriera. La mia vita, ormai, è qui”.
La scelta di colpire Harvard non è casuale: è da tempo che l’ateneo si espone politicamente su vari temi come, ad esempio, il conflitto tra Israele e Palestina, schierandosi con forza proprio contro Trump e trasformandosi in un simbolo di opposizione alla linea governativa del tycoon. “Gli Stati Uniti sono cambiati parecchio negli ultimi tempi: prima c’era davvero molta più libertà di pensiero. La nuova amministrazione è molto diversa da quella del 2017: ora si cerca di silenziare il dissenso - sottolinea con preoccupazione Mario -. Le università devono continuare a lottare per essere dalla parte giusta della Storia”.