NICOLA PALMA
Cronaca

Daspo per due anni come ultrà. Ma è anche calciatore: “Potrà andare allo stadio ma non come spettatore”

È lo strano e quasi paradossale caso di un calciatore di una squadra di Serie D

Controlli della polizia fuori dallo stadio (Archivio)

Controlli della polizia fuori dallo stadio (Archivio)

Milano, 6 febbraio 2024 – Deve stare lontano dagli spalti degli impianti sportivi di tutti i campionati, dalla Serie A alla terza categoria, ma da domani potrà tornare a giocare a pallone negli stessi stadi dai quali è stato bandito fino alla primavera del 2025. È lo strano e quasi paradossale caso di un calciatore di una squadra di Serie D, che l’anno scorso è stato “daspato” per 24 mesi. Ora il Tribunale amministrativo della Lombardia ha parzialmente annullato la misura: l’uomo dovrà continuare a osservare il divieto da spettatore, ma non da tesserato di società dilettanti.

La ricostruzione della vicenda ci riporta alla prima serata del 26 aprile 2023: allo stadio Meazza è in programma la semifinale di ritorno di Coppa Italia tra Inter e Juventus, che spalancherà ai nerazzurri (vittoriosi per 1-0 con un gol di Federico Di Marco) le porte dell’atto conclusivo della competizione nazionale (poi conquistata all’Olimpico di Roma contro la Fiorentina).

In coda fuori dai cancelli c’è pure il calciatore, che tra l’altro è laureato in Scienze motorie, che, stando a quanto accertato dalla polizia, cerca di entrare con un biglietto intestato a un’altra persona e poi fa “resistenza” allo steward che gli ha impedito l’accesso dopo aver verificato la mancata corrispondenza tra le sue generalità e quelle indicate sul tagliando d’ingresso. Sulla base di quelle informazioni, la Questura gli commina un Daspo di due anni.

A quel punto, i legali dell’uomo si rivolgono al Tar, sostenendo che via Fatebenefratelli "non ha tenuto conto della qualità di tesserato del ricorrente e ha emesso un provvedimento che, nel proibire l’accesso per due anni a qualunque manifestazione sportiva o impianto in cui giochino anche squadre dell’Eccellenza e della Serie D, ha implicitamente disposto il divieto di esercizio della professione calcistica in danno del ricorrente per un periodo tale da determinare la sua esclusione dal settore di mercato".

Una tesi accolta dai giudici: "La misura assunta, nella parte in cui preclude l’accesso allo svolgimento dell’attività sportiva, finisce per conculcare (reprimere, ndr) un’attività diversa da quella nella quale il ricorrente ha dato il peggio di sé, senza alcun effettivo beneficio per l’interesse pubblico tutelato, che è la quiete e la vivibilità dei luoghi di ritrovo degli spettatori di calcio”.

Detto altrimenti: “L’estensione del divieto ad attività autonome che non hanno connessione immediata e diretta con quella di spettatore di eventi calcistici supera i limiti della proporzionalità, impedendo in sostanza all’interessato di svolgere un’attività che può costituire fonte di sostentamento e strumento per la gestione corretta delle pulsioni, in contrasto con le finalità di tutela degli interessi protetti e rieducative che la sanzione comunque persegue". Da qui la decisione: il daspato può andare allo stadio "non in qualità di spettatore, ma di calciatore a disposizione della squadra di appartenenza", frequentando "spazi dello stadio diversi da quelli riservati agli spettatori".