
Via quella mascherina. Il "17 o il 18 marzo" il dg del Pio Albergo Trivulzio Giuseppe Calicchio, indagato nell’inchiesta della Procura, "avrebbe intimato a un infermiere del reparto Bezzi di togliersi la mascherina, minacciandolo, in caso di rifiuto, con l’immediato licenziamento".
Ritorna in primo piano nelle denunce presentate di recente ai pm, che indagano sulla strage silenziosa di anziani alla “Baggina“, la questione dei dispositivi di protezione. Questione liquidata dal direttore generale come "puro allarmismo", ma che in quei giorni, in piena epidemia, era di primaria importanza per evitare i contagi. Mentre chiedono di effettuare tamponi, i medici che hanno avuto contatti con Luigi Bergamaschini, il geriatra, ora ricoverato in ospedale per polmonite, che sollevò il caso Trivulzio e che fu sospeso (poi reintegrato) per aver disposto l’uso delle mascherine, si susseguono gli esposti ai pm. Una delle ultime denunce è quella di Franco Ottino, infermiere al Pat e sindacalista Cisl, il quale ha raccontato come la richiesta da parte degli operatori di poter indossare le mascherine - addirittura consegnate l’11 marzo e il giorno successivo ritirate da una caposala nel reparto in cui lui stesso presta servizio - fosse stata bollata da Calicchio come "dettata da puro allarmismo piuttosto che competenza".
Oltre a sottolineare come già a fine febbraio "il personale era perfettamente consapevole di poter rappresentare un potenziale vettore del virus", in quanto già a partire dal 24 febbraio i report interni segnalavano pazienti con "sintomatologie compatibili con l’infezione da Covid". Da qui l’insistente richiesta di mascherine per proteggersi, anche se una virologa e una responsabile della Direzione professioni sanitarie, assieme a "due caposala", a metà marzo avrebbero dato "precisa indicazione al personale sanitario di non" indossarle.
Carenze che si riflettono anche in un episodio specifico messo nero su bianco in un altro esposto: dopo "il primo decesso anomalo" del 10 marzo i medici del Trivulzio avrebbero chiesto al personale di servire i pasti agli anziani nel "salone" comune, malgrado gli infermieri di loro "iniziativa" avessero deciso di distribuire il cibo "presso le stanze dei pazienti" per ridurre le possibilità di contagi.
Intanto, mentre al Pat è stata prorogata la sospensione delle visite dei familiari fino a fine di maggio, le indagini vanno avanti anche sulle altre strutture per gli anziani.