Trent’anni di lotte sul lavoro: "Transessuali, ultimo tabù"

Massimo Mariotti nel 1991 fondò con la Cgil il primo sportello d’ascolto in Italia. Enormi passi avanti ma discriminazioni più velate: ogni anno 50 segnalazioni

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di Andrea Gianni

Correva l’anno 1991, quando la Cgil di Milano aprì il primo sportello di ascolto in Italia dedicato agli omosessuali e focalizzato sui problemi sul lavoro. Da allora volontari e operatori hanno ascoltato centinaia di storie drammatiche, di discriminazioni esplicite o velate. Il mondo ha fatto anche passi avanti, ma i problemi restano. "L’ultimo tabù a Milano riguarda i transessuali", spiega Massimo Mariotti, tra i fondatori dello sportello e attuale responsabile.

Avete aperto lo sportello in anni segnati dall’emergenza Aids. Che clima si respirava?

"L’Aids, soprattutto negli anni ’80, ha alimentato un enorme pregiudizio nei confronti degli omosessuali, ritardando di molto il cambiamento culturale. Trent’anni fa le aziende non si rivolgevano a una clientela gay, oppure lo facevano solo in Paesi più avanzati. Le persone che facevano coming out subivano problemi pesantissimi in ufficio o in fabbrica. Poi, a piccoli passi, c’è stato un cambiamento".

Quando è stato, secondo lei, il punto di svolta?

"Nel 2000. I media hanno iniziato a usare un linguaggio diverso, la maggior parte delle persone ora evita discorsi di un certo tipo. La svolta è stata preceduta e aiutata anche da eventi simbolici come i matrimoni gay in piazza della Scala, il Pride, che oggi è diventato una delle più grandi manifestazioni in Italia".

Che tipi di problemi riscontrate, trent’anni dopo, nei luoghi di lavoro?

"Milano è una delle città più evolute ma le discriminazioni restano, solo che invece di essere esplicite sono più velate, fino ad arrivare al mobbing. E per questo sono quasi impossibili da dimostrare se si arriva a una causa in Tribunale. I transessuali, poi, subiscono ancora un gravissimo disagio".

Di che tipo?

"Nessuno offre loro lavoro e se affrontano il percorso di transizione mentre stanno già lavorando vengono presi di mira, spinti a licenziarsi o lasciati a casa approfittando anche di un mondo del lavoro sempre più flessibile. È questo l’ultimo tabù".

Quante segnalazioni ricevete in un anno?

"In media una cinquantina, e negli ultimi 10 anni c’è stato un boom di transessuali che si rivolgono a noi. Per noi il primo passo è quello della mediazione. Le donne sono ancora pochissime, come negli anni ’90".

In che settori si riscontrano i maggiori problemi?

"Principalmente in quelli dove il livello culturale è più basso, ma sono trasversali. Ad esempio abbiamo assistito un alto funzionario di banca che aveva deciso di cambiare sesso, incontrando enormi difficoltà".

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