GIULIA BONEZZI
Cronaca

Trapianti, in Lombardia quasi 900 vite salvate in un anno. Il futuro? Un cuore artificiale nel petto

Milano, bilancio positivo del centro regionale: interventi in crescita del 12%. Niguarda in prima linea con più di un’operazione al giorno. E poi c’è il 65enne che per nove mesi ha vissuto con un cuore artificiale

Un momento del primo NiguarDAY, evento per promuovere la cultura della donazione organi

Un momento del primo NiguarDAY, evento per promuovere la cultura della donazione organi

Milano – Ha vissuto nove mesi con un cuore artificiale al posto del suo, malato di miocardiopatia dilatativa idiopatica. Sessantacinque anni, residente in un’altra regione, ora è ricoverato al Niguarda dove ha ricevuto il cuore di un donatore in carne e ossa la notte tra il 3 e il 4 settembre, ma è arrivato al trapianto preservando anche gli altri organi grazie al muscolo cardiaco meccanico che i chirurghi gli avevano impiantato. Questa tecnologia, che ha meno di due anni e ad ora meno di 25 pazienti nel mondo, è diversa, spiega il primario della Cardiochirurgia e trapianto del cuore Claudio Russo, dai sistemi di pompe che supportano il ventricolo sinistro quando il destro funziona ancora: non solo viene rimosso il cuore “nativo” ma quello artificiale ne replica la forma, “con quattro valvole e quattro camere rivestite di membrane biologiche che riducono al minimo la necessità di terapia anticoagulante”, e il funzionamento, con “sensori per autoregolarsi in base all’attività del paziente e il flusso pulsato, non continuo, per il quale sono fatti i nostri organi”. A due giorni dall’impianto “il paziente aveva già recuperato la funzionalità renale che era in sofferenza”, dopo un mese è stato dimesso e ha aspettato a casa un cuore vero perché “oggi questo sistema viene usato come soluzione-ponte fino al trapianto, ma mi auguro che in futuro questa possibilità, che elimina pure la necessità di assumere immunosoppressori per tutta la vita, diventi definitiva”.

Un momento del primo NiguarDAY, evento per promuovere la cultura della donazione organi
Un momento del primo NiguarDAY, evento per promuovere la cultura della donazione organi

Intanto, tra robot chirurgici e sistemi di “ricondizionamento” anche durante il trasporto degli organi che rendono trapiantabile, come nel caso del 65 enne, anche il cuore di una persona morta in arresto cardiaco che in Italia deve rimanere fermo per venti minuti, la tecnologia aiuta a stringere la forbice tra i 1.700 malati in attesa di un organo in Lombardia e i 637 trapianti effettuati da gennaio a metà settembre, in aumento dai 585 registrati nello stesso periodo del 2023. Che finì con 860 interventi, +12% dal 2022 in cui in Lombardia “si è deciso di dare una scossa”, spiega Giuseppe Piccolo, coordinatore del Centro regionale trapianti: le donazioni effettive sono in aumento a 32 per milione di abitanti (la media italiana è 29,5, ma altre regioni arrivano a 50) grazie all’organizzazione di staff dedicati negli ospedali e iniziative per diffondere la cultura della donazione.

Maria Frigerio, cardiologa trapianti al Niguarda dal 1990 al 2021 e scrittrice, durante il primo NiguarDAY
Maria Frigerio, cardiologa trapianti al Niguarda dal 1990 al 2021 e scrittrice, durante il primo NiguarDAY

In prima linea c’è l’ospedale Niguarda, “la casa dei trapianti”, per dirla col direttore generale Alberto Zoli, con 400 interventi all’anno - più di uno al giorno - e mezzo secolo di storia fatta di migliaia di operazioni tra cui il primo trapianto di fegato da vivente in Italia nel 2001 e il primo al mondo di fegato da donatore a cuore fermo nel 2015, e di persone come Maria Frigerio, per trent’anni responsabile della Cardiologia dei trapianti, che ha raccontato in un libro le tre vite del cuore di suo fratello, trapiantato a due dei suoi pazienti.

Al Niguarda, trent’anni fa, una ragazza di 19 anni in coma si salvava grazie al fegato di Nicholas Green; suo figlio, nato due anni dopo, l’ha chiamato Nicholas “e oggi è un sottufficiale della Marina militare”, hanno raccontato Maggie e Reginald Green, genitori del bambino americano di sette anni ucciso da due ’ndranghetisti sulla Salerno-Reggio Calabria, partecipando al Niguarda Day che ieri ha aperto l’ospedale con spettacoli ed eventi gratuiti per promuovere la cultura della donazione; quella cui i Green dal 1994, con la loro “easiest big decision”, la più semplice delle grandi decisioni, hanno saputo dare una svolta vera in Italia. In sala operatoria al Bambino Gesù di Roma, quando il cuore di Nicholas fu trapiantato al quindicenne Andrea Mongiardo, c’era anche Stefano Marianeschi, oggi primario della Cardiochirurgia pediatrica del Niguarda. Dice che Andrea, che poi è vissuto altri 22 anni prima di morire di linfoma, il cuore di Nicholas “se lo meritava proprio”, e gli si lucidano gli occhi. Dei suoi colleghi, non è l’unico.

Maggie Green durante il primo NiguarDAY
Maggie Green durante il primo NiguarDAY