RICCARDO
Cronaca

Tempi difficili: serve cultura non pregiudizio

L'articolo di Riccardo Riccardi sottolinea l'importanza della cultura come patrimonio universale e critica l'uso improprio del termine. La cultura popolare è fondamentale per l'identità di un paese e la conoscenza è fonte di produttività. Si evidenzia la necessità di libertà di pensiero e di evitare la banalizzazione della pace.

Riccardi

Il termine cultura e l’avverbio culturalmente spesso sono usati a sproposito. La cultura è un patrimonio universale che appartiene a tutti gli individui nella saggezza popolare caratterizzante l’identità di un paese. L’identità culturale non è quindi monopolio di una cerchia ristretta chiusa nel Palazzo d’Inverno. La cultura popolana ha fornito spunti ai nostri padri che hanno formato l’ossatura del Bel Paese. Bello per il suo magnifico territorio e per i tanti contadini (cito, a caso, in una colpevole sintesi, Virgilio, Dante, Carducci, Manzoni, Verdi per arrivare a Prezzolini) che hanno seminato. La cultura è conoscenza, non negazione; è fonte di produttività. Le scuole, le università, i musei, i tanti beni a cielo aperto sono luoghi per evitare “che fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza”. Siti dove la cultura è libertà di insegnare, imparare, dissentire e dare voce a chiunque. Senza bavaglio però! Come dire, secondo una citazione erroneamente attribuita a Voltaire (a lui si avvicina perché grande illuminista, spirito libero e tollerante) “non sono d’accordo con quello che dici ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo”. Prezzolini, tra le altre, definì “aristocrazia dei briganti” la congrega di intellettuali saccenti convinti esclusivi di verità apodittica. Il mondo è scosso. Aggressioni militari, terroristiche e rappresaglie feroci. L’Italia, purtroppo sempre in campagna elettorale, dove slogan ed etichette tolgono posto alla cultura dei programmi, vive un senso di smarrimento. Finirà quando e come la guerra in Ucraina? Quali conseguenze, con anche la Striscia di Gaza? L’economia riuscirà a far legare il pranzo con la cena, riducendo la povertà? Tutti vogliamo la pace. Non la sua banalizzazione. Il monito di Tacito “sine ira et studio” va ricordato per esaltare l’onesto senno che vuole pacatezza non violenza prevaricante.

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro