Tassisti aggrediti, racconto choc dei fermati: "Volevamo tirar su un po’ di soldi"

Nassar e Mastrandrea ai poliziotti: "Non ci eravamo accorti delle telecamere"

Tassisti aggrediti (Frame video)

Tassisti aggrediti (Frame video)

Milano, 17 agosto 2020 - «L’altra sera, dopo aver bevuto e fumato siamo andati in zona Duomo con l’idea di tirar su un po’ di soldi e abbiamo pensato di rapinare un taxi». Comincia così il racconto davanti ai poliziotti di Mohamed Nassar detto Habib, dopo il fermo. «(...) Io ero seduto dietro il conducente. Una volta a destinazione, Bryan ha rovistato prendendo soldi e due cellulari, io sono sceso, ho aperto la portiera del tassista, gli ho puntato un coltellino portachiavi e gli ho preso un orologio e la collana (...)». I due giovani di lì a poco si ritrovano nel parchetto di Quarto Oggiaro, si dividono i soldi e vanno a comprare la cocaina. «Quella notte ho dormito alla stazione di Certosa, ero strafatto e non capivo nemmeno quello che facevo».

La sera dopo, sempre con l’amico Bryan e un terzo complice diverso da quello della prima rapina, dopo un giro sui Navigli i due ora in carcere prendono un altro taxi a Porta Genova e si fanno portare in via Triboniano. «Qundo siamo giunti a destinazione io preso al collo il tassista bloccandolo - continua Nassar nelle sue spontanee dichiarazioni - mentre l’altro ragazzo è salito dal lato del passeggero ed ha preso i soldi, un tablet e un telefono cellulare. (...) Dopo che ci siamo separati abbiamo provato a cercare la terza persona ma senza trovarla, era irreperibile così abbiamo capito che ci aveva fregati». Nassar e Mastrandrea, osserva il gip Raffaella Mascarino nel provvedimento di custodia cautelare, avevano poi deciso di scappare in Puglia perché si erano resi conto che il video della loro prima rapina «aveva cominciato a circolare su YouTube evidenziando la loro riconoscibilità».

«Nessuno di noi si era accorto delle telecamere, ma dopo che il video della rapina ha cominciato a circolare mi sono reso conto che tutti mi avevano riconosciuto e mi sono spaventato», ammette “Habib“. Così, anche su sollecitazioni dei familiari, come emerge dalle telefonate intercetttate, era nata l’idea di nascondersi in quella vecchia casa diroccata a Frigole, nel Leccese.«(...) Anzi è stato fortunato perché mia zia gli ha detto di sì, ovviamente mia zia non sa nulla», dice un familiare al telefono parlaNdo con la fidanzata di uno dei due ragazzi. «E come vanno giù?», si informa quella. «In treno in treno... che a questo punto non so neanche quando arriveranno perché io non avevo soldi da dargli...». 

Il problema, come emerge dai discorsi che chi sta intorno ai due ragazzi fa al cellulare, è che stando a Google Maps dalla stazione di Lecce a Frigole a piedi ci vogliono più di due ore. Bisognerà trovare qualcuno che li porti, si dicono ai telefoni. Ma non servirà.  

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