
Ape Bianco Bufala (Facebook)
Milano, 12 agosto 2015 - Vita frenetica, budget ridotto e poco tempo a disposizione per sedersi a tavola. Mangiare tra un impegno e l’altro scovando lo street food di qualità sta diventando una vera e propria tendenza i cui protagonisti sono i “metro eater”. Da New York a Londra, fino a Milano, il momento di consumo del cibo èd avvero cambiato. Il classico street food, quello da salamella davanti allo stadio o caldarroste natalizie, però non basta più: oggi gli italiani ricercano prima di tutto la qualità e la reinterpretazione di ricette tradizionali da parte di chef stellati o giovani cuochi legati al proprio territorio d’origine. Si tratta di un nuovo modo di mangiare mentre si è in movimento senza rinunciare all’alta qualità del cibo gourmet.
E mentre il primo fast food nato a Milano chiude i battenti in piazza San Babila, per le strade della metropoli lombarda è un continuo fiorire di api car, food-truck e cucine mobili di alta qualità. Da Mignon, che porta un dolcissimo angolo di Napoli nel Nord Italia sfornando sfogliatelle, ricce, capresine e pastiere tradizionali, a Bianco Bufala, lo step più moderno di una tradizione antica come quella delle mozzarelle di bufala trasmessa di generazione in generazione. E ancora, da Zibo dove “cuochi itineranti” reinterpretano i tipici primi piatti regionali trasformandoli nel ripieno di un raviolo preparato a mano, a L’Apuccia, il cui motto è “Dove c'è puccia c'è salento, dove c'è salento c'è casa...”. Una tendenza internazionale individuata da Bibite Sanpellegrino attraverso un’analisi condotta su circa 120 testate lifestyle internazionali e 200 siti dedicati ai nuovi trend e al divertimento “fuori casa”, interpellando anche circa 50 influencer ed esperti di tendenze sull’alimentazione, per capire come si stanno trasformando i luoghi e le modalità di consumo del cibo nella società contemporanea.
Ma perché il mobile eating riscuote sempre più successo? Secondo 8 esperti su 10 la ragione principale risiede nel fatto che oggi le persone danno prioritaria importanza alla qualità rispetto alla quantità (81%), e ricercano con maggiore frequenza le ricette tradizionali anche reinterpretate in chiave moderna o da chef rinomati (72%), realizzate con ingredienti di qualità (59%), tutte caratteristiche offerte dalle sempre più numerose api adibite a food-truck che puntano proprio su questa tipologia di cibo, il metro food. Sono numerosi i casi internazionali che testimoniano questa tendenza a portare in strada il cibo di qualità: a New York ad esempio gli chef del Rouge Tomate, un rinomato ristorante dell'Upper East Side premiato con una stella Michelin, sono “scesi in strada” creando uno street menu stellato per il “Rouge Tomate Cart in the Park”, posizionato all'ingresso dello zoo di Central Park. Anche a Reykjavik in Islanda, il metro food non ha rivali: la guida Michelin infatti segnala i Bæjarins Beztu Pylsur, gli hot dog apprezzati anche da Bill Clinton e Anthony Bourdain. E anche l’Italia, con la sua ricca tradizione culinaria, non è certo da meno: basti pensare alla trovata dell’executive chef dello stellato Ristorante Unico Milano, Felice Lo Basso, che ha deciso di portare sul Rolling Star, ideato con l’ex broker Giancarlo Zarattini, le ricette street food ispirate dai sapore della sua Puglia, patria originaria, e delle sue Dolomiti, patria d’adozione. O a Matteo Torretta, il primo chef ad aprire un ristorante di street food a Milano.
Icona di questo fenomeno sono le api itineranti (85%), di cui gli italiani vanno in cerca per acquistare cibo gourmet da gustare tra un impegno e l’altro. Ma chi sono questi metro eater? Secondo gli esperti interpellati si tratta di individui dinamici che non amano la sedentarietà (74%), molto attenti agli aspetti salutari legati all’alimentazione (68%) e all’origine delle materie prime (67%), oltremodo attivi sui social network (64%) dove amano condividere le foto (58%) del loro metro food preferito. Secondo l’antropologa dell’alimentazione Lucia Galasso, i luoghi di ritrovo per condividere il momento del pasto sono in costante evoluzione: “La storia alimentare torna a vivere in strada, anche se è più giusto dire che non l'ha mai abbandonata. Prima si mangiava per strada perché le case erano piccole, spesso invivibili, dei rifugi e non le dimore con tutti i comfort che abbiamo oggi. La strada era luogo di lavoro, di relazione, avveniva tutto lì. Oggi mangiare fuori è divenuto non solo uno status symbol ma anche il vettore attraverso il quale comunichiamo agli altri i nostri valori alimentari, non a caso esiste un’insegna per ogni nostra passione culinaria”. E ancora: “Dal fast food di strada, rapido e poco salutare, si è passati ad una nuova forma di street food, spesso di alta qualità. Si tratta di una risposta al cibo standardizzato, che rischia di far perdere il senso del cibo di strada. Mangiare per le vie permette di viaggiare nel territorio ma anche di mantenere inalterato il piacere di riscoprire le ricette tramandate tra le generazioni o attraverso il racconto degli anziani. I cuochi di strada rappresentano il versante orale della cucina popolare: un piacere che coinvolge tutti i sensi e che conquista attraverso il racconto e la gestualità”.