Lei è Giorgia e oggi pomeriggio, sul palco della commemorazione ufficiale, parlerà della strage di piazza Fontana. "Cosa dirò? Che la storia di quella bomba mi ha insegnato a capire il presente, anche perché non è detto che cose del genere non possano ricapitare. E poi dirò che intorno al tavolo che saltò in aria, quel 12 dicembre 1969, era seduta l’Italia intera, non soltanto dei cittadini milanesi. Quella strage continua a riguardare tutti noi". Oggi alle 16, in piazza Scala, il sindaco Beppe Sala sarà alla partenza del corteo e alle 16.35 in piazza Fontana, interverrà alla cerimonia di commemorazione delle vittime della strage. E quest'anno non ci sarà nessun esponente di Governo.
Giorgia Anfossi ha 27 anni e una laurea magistrale presa alla Statale in Scienze politiche specialità “sociologia della memoria“. In pratica: come nel nostro Paese non si riesca a costruire un ricordo comune su temi come il colonialismo, la shoah, l’immigrazione, il terrorismo e la stagione delle bombe, per l’appunto.
Giorgia, come ci arriva una studentessa normale a interessarsi del filo nero che collega le stragi?
"Quando ho concluso i miei studi universitari, in modo non semplice nell’anno della pandemia, la prof Monica Massari aveva avviato per la prima volta in Statale proprio quel corso sulla “memoria“. Così ho pensato a una tesi che analizzasse le stragi nere avvenute nel nostro Paese, cominciando ovviamente da piazza Fontana".
Una tragedia di mezzo secolo fa. Scelta non proprio comune per una ragazza di vent’anni.
"In realtà l’argomento aveva già cominciato a interessarmi quando ero al liceo scientifico, e alla maturità ho portato una tesina che affrontava questi anni recenti della nostra storia".
Com’era nato quell’interesse?
"Avevo letto il libro di Mario Calabresi, quello di Licia Pinelli, in un incontro pubblico avevo ascoltato una delle figlie di Aldo Moro...".
Una serie di esperienze che anni dopo hanno alimentato la sua tesi per la laurea magistrale.
"Sì, lavorando sulla memoria delle stragi ho incontrato e raccolto le testimonianze di familiari delle vittime del 12 dicembre ’69 come Carlo Arnoldi, Paolo Silva, Paolo e Matteo Dendena. Pur in tempi di virus ho potuto parlare al telefono con Manlio Milani, che nella strage di Brescia del ’74 perse la moglie".
Dall’impegno per la tesi al palco dei discorsi ufficiali c’è comunque un bel salto.
"Sono un po’ emozionata ma anche molto contenta che l’associazione dei familiari, con il presidente Federico Sinicato, me l’abbia chiesto".
Cosa dirà ai giovani come lei?
"Dopo 53 anni c’è ancora una memoria “contesa“ su quello che accadde. A me, però, la storia di Piazza Fontana ha insegnato a guardare con occhi diversi la realtà di oggi, la politica, anche il giornalismo".