Milano, 3 settembre 2024 – La domanda che tutti si stanno ponendo è sempre la stessa: perché? Perché Riccardo C. ha sterminato la sua famiglia? Perché nessuno è stato in grado di comprendere il suo disagio?
La procuratrice facente funzioni dei minori Sabrina Ditaranto non ha risposte, almeno sul fronte meramente investigativo: “Dal punto di vista giudiziario – argomenta – non abbiamo un movente tecnicamente inteso. Dal punto di vista sociologico, sono aperte le ipotesi e le indagini. La sera prima era stato festeggiato il compleanno del papà: questo, secondo la mia esperienza, potrebbe avere acuito il disagio, i festeggiamenti sono sempre momenti particolari per chi sta soffrendo. Lui ha parlato di un suo malessere. Ha parlato di un senso di estraneità. Ma non rispetto alla famiglia, rispetto al mondo”.
Un senso di estraneità che non aveva mai manifestato apertamente, stando a quanto riferito dalle prime testimonianze di familiari e amici: le parole di chi conosceva bene (o meglio, pensava di conoscere bene) il ragazzo che ha ucciso genitori e fratellino rimandano l’immagine di uno studente brillante e volenteroso (a dispetto del debito in matematica che avrebbe dovuto recuperare ieri e che sembra non avesse avuto ripercussioni nei rapporti con mamma e papà), di un adolescente impegnato nel sociale e con la passione per la pallavolo. Eppure, la confessione di Riccardo racconta altro: un’inquietudine che ha scavato dentro di lui come un fiume carsico, senza mai venire a galla né in famiglia né a scuola.
E qui la storia di Paderno Dugnano, per fortuna unica nella sua drammaticità, si innesta in un contesto generale di disagio giovanile crescente, specie se scrutato dall’osservatorio “patologico” di Ditaranto: “In linea generale noi vediamo che c’è più solitudine tra i ragazzi. Sta diventando un problema. Ci sono molti giovani soli, che manifestano un malessere importante per quanto riguarda la socialità. Manifestano questo disagio, ma non possono autonomamente ricorrere a un consulto psicologico, senza l’autorizzazione dei genitori. E questo li rende ancora più soli. Ma il perché è sempre la cosa più difficile da raggiungere in casi di delitti così gravi”. Già, il perché.