Stilista impiccata: liti, botte e una vita di eccessi

Per la morte di Carlotta Benusiglio è stato chiesto il processo per il fidanzato Carlo Venturi

Carlotta Benusiglio

Carlotta Benusiglio

Milano  La procura ha chiesto il processo per Marco Venturi accusato di omicidio per la morte della sua fidanzata, la stilista 37enne Carlotta Benusiglio. Il pm Francesca Crupi  aveva già anticipato questa decisione il 13 febbraio, il giorno in cui la Cassazione negò (era la terza volta) il carcere per Venturi e lei parlò di «inammissibilità dell’archiviazione».

Le indagini

La decisione  del processo arriva al termine di cinque anni di indagini in cui si è ipotizzato tutto e il suo contrario a colpi di perizie di parte e perizie della Procura e un primo secco verdetto arrivato nel 2017 inaccettabile per la famiglia di Carlotta: suicidio con richiesta di archiviazione da parte del pm. Anche la squadra mobile aveva considerato da subito quella morte, avvenuta il 31 maggio dl 2016,  come un caso con molte certezze che portavano dritte dritte «a un gesto dimostrativo estremo, finito in una tragedia», misero nero su bianco gli investigatori più esperti.

Vita spericolata

Marco Venturi, il fidanzato di Carlotta, all’epoca della sua tragica fine era il suo carnefice o fu anche lui vittima? Vittima di una vita sregolata, fatta di gesti estremi minacciati e talvolta messi in pratica, tentativi di suicidio annunciati dopo notti di droga e  anche pratiche di sesso estremo, come il  bondage. Le loro serate,  hanno racontate  gli amici del bar ai Navigli  in cui lei, per arrotondare, faceva la cameriera, erano fatte di liti e riappacificazioni, di botte e di baci riparatori. Venturi, in questa storia malata finita in tragedia, ha vissuto una lunga parabola giudiziaria che lo ha  portato inevitabilmente  al processo.

Tragica fine

Venturi, in questi anni, è passato da essere persona informata sui fatti, col fascicolo in via di archiviazione, a indagato per istigazione al suicidio, fino ad essere accusato di omicidio volontario aggravato. Secondo una perizia del 2018, la donna morì  a causa di una «asfissia prodotta da impiccamento» e sul cadavere riesumato non c’erano «lesioni scheletriche» riconducibili ad un «eventuale strangolamento, parziale o totale, con successiva sospensione del corpo». La perizia, dunque, avvalorava  l’ipotesi del  suicidio, ma agli atti erano finiti anche i risultati di altre consulenze affidate ad esperti dai familiari della donna, assistiti dai legali Gian Luigi Tizzoni e Pier Paolo Pieragostini.  Secondo la ricostruzione opposta del  pm Gallo, che ha chiuso le indagini ad ottobre, prima di passare il fascicolo a Francesca Crupi, Venturi era  accusato di aver ucciso la fidanzata «per futili motivi, con dolo d’impeto, stringendole al collo una sciarpa oppure il proprio braccio e quindi strangolandola».  La ragazza, anche perché affetta dalla «sindrome di Eagle», sarebbe «deceduta subito per asfissia meccanica da strangolamento» e lui avrebbe simulato «una impiccagione sospendendo parzialmente» con la sciarpa il cadavere ad un albero verso le 3.40 di notte.  L’ultimo atto di questa  storia orrenda è il processo che stabilirà una verità, almeno dal punto  di vista giudiziario.

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