Bises
Sulle passerelle milanesi ogni stagione assistiamo a una visione camaleontica dell’universo femminile che di volta in volta esordisce sotto una nuova stella: che sia la donna sensuale o quella incravattata desiderosa di affermarsi, ci si interroga sempre sui suoi istinti, mai sul concetto stesso di guardaroba e consapevolezza meditata. Qual è l’esigenza tattile delle donne? Qual è lo stereotipo da scardinare? A rispondermi è Daniele Calcaterra, direttore creativo e founder del brand Calcaterra, fresco di sfilata e applausi per la sua ultima collezione ispirata alla Materia, al tessuto che suggerisce strutture e volumi al pari dei suoi poetici bozzetti. Situato in una vecchia conceria di inizio ‘900 a Brescia, l’headquarter è spoglio di eccessi e didascaliche intenzioni “Per creare ho bisogno di essere in un contesto che mi allontana dal lusso” in uno spazio a tratti non finito il cui il grigio del cemento “mi aiuta a ritrovare una grafica estetica”. Tagli di luce dalle ampie finestre, divani vintage di pelle, pochi colori che ritornano nelle nuance scelte per le collezioni. Il tailored maschile è la chiave di lettura, il pensiero che estende l’idea di una nuova femminilità fatta di leggerezza con tripli rasi e duchesse o di lane battute realizzate in esclusiva da importanti aziende. “Credo non serva artefare ciò che nasce già molto bello, ovvero il tessuto” giocando con esso su ampi volumi, spalle gigantesche per vestire una sensualità fatta sì di spacchi e scollature ma velata da una giacca dal taglio over impreziosita da fiori, borchiature o tasche rubate all’universo maschile. Nei capi Calcaterra il dna è l’invisibile dettaglio della più sofisticata couture in aggiunta a una sottile ironia per cui i concetti uomo e donna sono barriere di un avamposto declassato.