Dallo stalking all’hate speech, il medioevo dei social: le donne prime vittime di attacchi

Messaggi d’odio lanciati nella giungla del web e gruppi chiusi per scambiare foto rubate. Amnesty International: la disuguaglianza passa dal mondo fisico a quello digitale

Il medioevo dei social

Il medioevo dei social

Milano – Dallo stalking al revenge porn, dal cyberbullismo agli insulti dei “leoni da tastiera“ che mettono nel mirino una persona sui social solo per il fatto di essere donna, e di impegnarsi in prima linea in politica o per trasmettere un messaggio per la parità di genere e contro le discriminazioni. La violenza contro le donne in Rete ha mille facce e diverse sfumature, con modalità che nell’era della comunicazione digitale fanno tornare indietro le lancette dell’orologio al medioevo.

Riproducono sul web comportamenti nella vita reale e pregiudizi difficili da sradicare, che rendono vani i messaggi lanciati alla vigilia dell’8 marzo, Giornata internazionale della donna. Il fenomeno è stata analizzato da studi e ricerche che hanno messo sotto la lente la nebulosa di internet, con un risultato comune: le donne sono ancora il "target ideale" per chi sfoga sul web rabbia e frustrazioni. L’ultima edizione della Mappa dell’intolleranza, realizzata da Vox-Osservatorio italiano sui diritti analizzando una mole di tweet pubblicati l’anno scorso, certifica ancora una volta il triste primato.

Nel 2022 al primo posto svettano le donne, che hanno collezionato il 43,21% dei messaggi negativi, seguite da persone con disabilità (33,95%), persone omosessuali (8,78%), migranti (7,33%), ebrei (6,58%) e islamici (0,15%). Nel 2021 le donne erano sempre salde al primo posto (43,70%,), seguite da islamici (19,57%), persone con disabilità (16,43%), ebrei (7,60%), persone omosessuali (7,09%) e migranti (5,61%).

"È drammatica la concomitanza dei picchi d’odio con i femminicidi – evidenzia il rapporto – come purtroppo le rilevazioni della Mappa dell’Intolleranza evidenziano da anni". Fenomeno che riguarda anche Milano e la Lombardia, con una mole di messaggi negativi che rimbalzano sui social, colpendo le destinatarie. Il Barometro dell’odio di Amnesty International registra che, quando il tema è "donne e diritti di genere", un commento online su tre ingenera hate speech e discorsi sessisti.

Sui  social e su altre piattaforme, inoltre, raccolgono migliaia di iscritti e si moltiplicano gruppi chiusi (per accedere serve l’autorizzazione dell’amministratore) in cui uomini di ogni età e background sociale si scambiano foto e video di donne generalmente ignare, che vengono utilizzate come bersagli di violenze misogine. Sono comunità in cui uomini, che spesso si nascondono dietro l’anonimato, condividono immagini di donne trovate su internet, che vengono ritratte sia durante la vita quotidiana che in pose sessualmente esplicite. Con un corollario di meme, post o slogan dal contenuto sessista.

"La diffusa disuguaglianza e la discriminazione nei confronti delle donne, elementi propri della nostra società, non scompaiono – è l’allarme lanciato da Amnesty International – semplicemente passano dal mondo fisico al mondo digitale. Gli atti di abuso e violenza contro le donne perpetrati online sono un continuum della violenza di genere offline". Abusi che inozzano i social, "costringendo le donne a uscire dalle conversazioni pubbliche e, a volte, portandole fuori dalla piattaforma". Sono ancora pochissime, anche per l’esito incerto dei procedimenti giudiziari, le donne che denunciano.

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