
Sport e parità di genere: il ruolo dei media
Razzante*
Alle Olimpiadi di Parigi del 1900 parteciparono 22 donne e 975 uomini, alle Olimpiadi di Parigi in programma dal 26 luglio all’11 agosto parteciperanno 5250 donne e 5250 uomini. Ecco perché si parla di “Olimpiadi della parità”. Tuttavia, sarebbe azzardato considerare concluso il percorso verso le pari opportunità nel mondo dello sport: permangono squilibri e discriminazioni ai danni delle donne. Il mondo dei media può dare un prezioso contributo, narrando in modo corretto gli eventi sportivi. Se n’è parlato ieri in Università Cattolica in occasione di un evento organizzato dalla partnership del progetto 100esperte (Osservatorio di Pavia, associazione GiULiA e Fondazione Bracco), in collaborazione con l’Ordine dei Giornalisti della Lombardia, l’ALMED dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e la Fondazione Milano Cortina 2026. Tra gli spunti offerti ai partecipanti anche alcuni strumenti per potenziare la cultura dell’inclusività e della parità tra i sessi, come il progetto 100esperte e il documento “Donne, Sport e Media: idee guida per una diversa informazione”. Quattro anni fa l’Ordine nazionale dei giornalisti ha inserito nel Testo unico dei doveri professionali anche un articolo sulle differenze di genere, che vieta ai giornalisti di usare stereotipi, espressioni e immagini lesive della dignità delle donne e impone loro un linguaggio rispettoso, corretto e consapevole, ispirato all’essenzialità del racconto. Nell’ambito della cronaca degli eventi sportivi, questi precetti si traducono nel divieto di utilizzare un linguaggio sessista o discriminatorio, nel dovere di proteggere soggetti fragili come i minori e nella raccomandazione a prendere le distanze, anche sui social, da scontri verbali che tolgono equilibrio all’informazione e infangano la figura femminile.
* Docente di Diritto dell’informazione all’Università Cattolica
di Milano