Sospesa infermiera non vaccinata Il Tribunale ripristina l’aspettativa

Accolto il ricorso contro lo stop: rapporto di lavoro già sospeso. L’ospedale dovrà versare. tutte le indennità arretrate

Migration

In servizio da trent’anni come infermiera in un ospedale milanese, quattro mesi fa è stata sospesa dalla sua Asst perché non vaccinata, appena otto giorni dopo aver ottenuto dall’Inps un periodo di due anni di aspettativa retribuita per assistere un parente. Ora il Tribunale del Lavoro ha dichiarato illegittimo il provvedimento e condannato l’Azienda sociosanitaria territoriale a versare alla donna le indennità non percepite in questo periodo. Secondo quanto ricostruito nella sentenza del giudice Eleonora Maria Velia Porcelli, il 6 settembre 2021 l’infermiera è andata in aspettativa biennale, come previsto dalla legge 104 del 1992. Il 14, però, la donna ha ricevuto dall’Ats la "comunicazione dell’inosservanza dell’obbligo vaccinale", così come accaduto prima e dopo ad altre centinaia di operatori sanitari (538 al 3 dicembre) che non si sono immunizzati contro il Covid.

Lo stesso giorno, la sua Asst di riferimento le ha notificato la sospensione del "diritto di svolgere mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano il rischio di diffusione del contagio Sars-Cov-2, avendo verificato che le mansioni a cui era adibita presentano il rischio di diffusione del contagio e avendo constatato l’impossibilità di assegnarla a mansioni diverse". Tradotto: niente aspettativa né relative indennità. A quel punto, l’infermiera, assistita dall’avvocato Barbara Legnani, ha presentato ricorso al Tribunale del Lavoro, sostenendo che il decreto legge 44 del 2021 "ricollega la sospensione del compenso alla sospensione della prestazione lavorativa" e che "il lavoratore non viene sospeso dal diritto a lavorare e non può essere privato dei diritti previdenziali". Dal canto suo, l’Asst ha ribattuto di "aver operato conformemente alle disposizioni di legge", di essere stata "mera esecutrice di accertamenti operati da Ats" e di non essere in grado di applicare "discrezionalismi o trattamenti ad personam". Ed ecco il verdetto. Per il giudice, "i soggetti tenuti a sottoporsi a vaccinazione sono individuati non solo sulla base della professione esercitata, ma anche sulla base dello svolgimento di attività presso determinate strutture". Di conseguenza, "appare evidente che la sospensione presuppone, al momento della sua adozione, lo svolgimento in concreto delle prestazioni professionali da parte del soggetto che astrattamente rientra tra i soggetti destinatari dell’obbligo di vaccinazione". Al contrario, il ragionamento, lo stop va ritenuto illegittimo se si sovrappone a un rapporto di lavoro "già sospeso" per via dell’aspettativa. Conclusione: provvedimento annullato e condanna dell’Asst a pagare le mensilità di indennità dal 14 settembre in avanti e 1.500 euro di spese di lite.

Nicola Palma

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro