
di Mario Consani
Colpo di scena: per il tribunale i “falsi“ Dadamaino sono veri. Edoarda Emilia Maino, in arte Dadamaino, artista milanese scomparsa nel 2004, si era affermata verso la fine degli anni ’50 nell’avanguardia milanese, più o meno nel periodo di Lucio Fontana e Piero Manzoni. Ieri si è concluso a sorpresa un processo che vedeva sul banco degli imputati undici persone, tra le quali galleristi importanti, gli esperti dell’Archivio Dadamaino, un critico d’arte tra i più noti, tutti accusati di associazione per delinquere finalizzata alla detenzione e alla messa in commercio di un particolare tipo di opera dell’artista, i cosiddetti “Volumi“. Realizzati - secondo studiosi e amici di Maino - solo tra il 1958 e il 1960, dovevano essere per forza in numero limitato. E invece negli ultimi anni ne erano stati inseriti a centinaia nel catalogo dell’artista, con il placet dell’ArchIvio, secondo l’accusa della Procura in modo assai sospetto. La consulenza affidata dal pm Luigi Luzi, del resto, aveva concluso proprio per la falsità di molte delle opere che erano state anche sequestrate. Da lì il processo.
Ieri però i giudici dell’undicesima sezione del tribunale, presidente Elena Bernante, hanno assolto tutti gli imputati riconoscente di fatto come autentici tutti quei “Volumi“ firmati Dadamaino. L’inchiesta giudiziaria era nata da una denuncia del deputato leghista e anti-euro Claudio Borghi, appassionato d’arte e collezionista, che aveva notato un notevole incremento sul mercato di pezzi firmati. I carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale di Monza indagarono sulle vendite di Dadamaino in Italia e all’estero. Diverse opere erano state esposte in gallerie di Londra, New York e Parigi, ma la consulenza affidata dalla Procura concluse per la non autenticità di almeno 99 lavori, che vennero sequestrati. A firmarla, anche la storica dell’arte che valutò come falsi 20 Modigliani esposti tempo fa a Genova e finiti al centro di una vicenda processuale complicata tuttora in corso e molto discussa.
Per i Dadamaino sospetti il pm Luzi aveva ottenuto il rinvio a giudizio di 11 persone. Tra gli imputati i galleristi Andrea, Mattia e Denise Tosetti, difesi dall’avvocato Angelo Pariani, che subirono sequestri di opere e finirono per dover chiudere la loro galleria nell’hinterland, ma anche i componenti dell’archivio dell’artista (incluso l’allora direttore artistico, il critico d’arte noto a livello internazionale Flaminio Gualdoni) che avevano fornito la certificazione d’autenticità delle opere ritenute false.
Erano state ben 462 quelle poi immesse sul mercato dai tre titolari della galleria. Secondo l’accusa, per garantire la legittima provenienza delle opere vi avevano apposto il timbro di una fondazione culturale la cui responsabile era pure tra gli imputati.
Stando agli inquirenti, erano poi state vendute sul mercato a un prezzo tra i 20mila e 60mila euro ciascuna, per un giro d’affari superiore a i 20 milioni. Perquisizioni scattate in mezza Italia avevano consentito il sequestro di 99 “Volumi”, corredati da certificazioni di autenticità ritenute false dalla consulenza firmata dalla storica dell’arte Mariastella Margozzi e dalla restauratrice Paola Iazurlo.
Ieri il colpo di scena nell’aula del tribunale. Tutti assolti, non solo dall’accusa di associazione per delinquere (l’aveva chiesto anche il pm) ma con formula piena pure da quelle di detenzione e commercializzazione dei Dadamaino sospetti, per le quali l’accusa aveva chiesto condanne tra i due e i sei anni di reclusione. I giudici hanno invece ritenuto autentici i lavori dell’artista milanese e hanno ordinato il dissequestro e la restituzione di tutte le opere.
In attesa delle motivazioni, è probabile che il tribunale abbia ritenuto attendibili le testimonianze di chi ha sostenuto che la persona da cui i galleristi Tosetti acquistarono i “Volumi“ li avrebbe a sua volta ricevuti direttamente dall’artista. E la consulenza difensiva, ritenuta evidentemente più attendibile di quella d’accusa, ne ha certificato l’autenticità.