Maurizio
Cucchi
Eccomi dunque al Parco Giovanni Paolo II, quello che conoscevo con il suo vecchio nome di Parco delle basiliche. Entro, molto bene accolto da gioiosi cinguettii e dalla vista di donne con bambini e cani scorrazzanti. Un po’ di gaiezza, insomma, in una tarda mattina domenicale in tinta gialla, che però neppure le fitte nubi riescono a immalinconire. Mi siedo anch’io su una panchina, per leggere un libro che vi raccomando, e cioè L’ urlo del mare e il buio (Crocetti editore). Sono le poesie di Malcolm Lowry, l’autore di un capolavoro come il romanzo Sotto il vulcano. Poi esco verso il Museo Diocesano Carlo Maria Martini, che purtroppo è chiuso e decido dunque di proseguire in zona. In corso Ticinese riecco un po’ di movimentata allegria (non la banale movida!), e subito osservo una chiusura di diverso genere, e cioè quella del ristorante asiatico.
Mi porto allora nella carina via Vetere, sempre memore delle parole di mia nonna che - secoli fa, peraltro! - mi diffidava dall’andarci perché diceva (non credo a torto...) che era frequentata da ladruncoli. Arrivo davanti a un enorme sbarramento, un cancello in bianca plastica stropicciata, che annuncia i lavori per quello che sarà il futuro PAN, vale a dire il Parco Amphiteatrum Naturae, le cui operazioni - come annunciato lassù in alto da un cartello - verranno a concludersi alla fine del 2022. Cerco invano, tra quella plastica, il classico buco del curioso occhieggiante, ma non ho fortuna. Troppo compatto. Riprendo allora il mio cammino, passo davanti al tristemente chiuso negozio nobilissimo di pianoforti Furcht, di cui sono stato anch’io un modesto cliente, finché non sbuco in Conca del Naviglio, sull’altro lato del futuro Parco. Qui spero invano di incontrare una scrittrice che abita giusto all’angolo, ma risalgo intanto su un monticello minimo sporgente e trovo finalmente un buco dove infilare naso e sguardo. Ma vedo davanti a me ben poco spettacolo: cumuli di terra e qualche ancora vaghissimo spruzzo di verde.