L’ultima battaglia è stata quella per non far morire l’asilo Gentilino, la scorsa primavera. In marcia insieme a genitori e bambini c’era anche la “San Gottardo Meda Montegani Social Street“ che nel 2024 festeggia 10 anni di vita. “Non avremmo mai immaginato di resistere tutti questi anni” commenta Fabio Calarco, il fondatore del gruppo Facebook che è stato tra i primi di questo tipo nati a Milano e che oggi, con oltre 17.300 iscritti, è il più numeroso. Un punto d’approdo per unire residenti, lavoratori e frequentatori di uno spicchio di città con l’intento di utilizzare il virtuale solo come gancio per poi “ritrovarci dal vivo, alla vecchia maniera, e provare a cambiare il punto di vista di ciascuno: non più “io“ ma “noi“”.
Grazie alla social si sono strette amicizie. Sono nati gruppi di persone accomunate da una passione comune. Si organizzano feste, scambi di oggetti, iniziative solidali e culturali, come l’ultima che ha richiamato centinaia di persone nei cortili di corso San Gottardo a scoprire scorci da cartolina in una Milano insolitamente lenta. “Impegniamoci – ha scritto il fondatore in uno degli ultimi post – perché la socialità e la solidarietà prendano definitivamente il posto della solitudine e dell’indifferenza. Con la social street siamo riusciti trovare il giusto mix tra il mondo reale e quello digitale rappresentato da Facebook, che per noi rimane solo uno strumento per alimentare le relazioni umane. Un mix che ci ha dato la possibilità di innescare un fenomeno virtuoso che ha un solo e unico obiettivo: il bene comune”.
Il cammino lungo oltre dieci anni non è passato inosservato. Tanto che la social ora è candidata (su proposta di Alice Arienta, Pd, e altri consiglieri comunali dello stesso partito, Lista Sala e Verdi) tra le realtà milanesi che potrebbero ricevere l’Ambrogino d’Oro il 7 dicembre. “Ho preso per mano il mio bambino più grande, che mi ha chiesto cosa sia una Social Street, e gliel’ho mostrato tra le strade del quartiere. Salutando dal vivo persone conosciute on line gli ho mostrato la socialità; passando dal parco gli ho spiegato che ci sono cittadini che se ne prendono cura. Ma non solo”.
Tanti i progetti realizzati. “In primis per aiutare gli altri”. La mente corre a giugno del 2016, “quando dopo l’esplosione in via Brioschi (per mano di Giuseppe Pellicanò, poi condannato a 30 anni per strage e devastazione, che causò tre morti e nove feriti, ndr) ci siamo attivati per sostenere le famiglie rimaste senza nulla, organizzando un “girotondo solidale“”. Lo stesso si è ripetuto, moltiplicato, durante la pandemia. Poi il book crossing, scambio di libri. Ancora, “L’Sos digitale“ per aiutare i vicini, in particolare i più anziani, a utilizzare computer e smartphone, e “Adotta un vicino“ per sconfiggere la solitudine. Poi ci sono le pulizie in compagnia, la “portineria“ di vicinato, le biciclettate di quartiere, i racconti dei cittadini raccolti in un libro. Ancora, progetti per la salvaguardia degli animali e altri per mettere insieme ricette. Tra gli ultimi, la creazione del Manifesto dell’educazione e gentilezza digitale: un “galateo social“ per il rispetto degli altri. E sono solo alcuni esempi.
“Alla base di tutto – conclude Calarco – la fiducia tra vicini e soprattutto la solidarietà per chi è in difficoltà”. Durante il periodo Covid “ci sono state 38.179 interazioni, con un incremento del 214% di post pubblicati, commenti e reazioni. La Social Street ha avuto un ruolo determinante per la sopravvivenza delle attività commerciali della zona. Uno di noi ha creato un mini sito in cui fare confluire tutte le informazioni dei commercianti del quartiere, sito che poi è stato messo a disposizione di altre Social Street”.