Smania di consumo: non riparo niente e compro tutto nuovo

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Piero

Lotito

Conservi lo scontrino per la garanzia. Ce lo dicono tutte le volte che acquistiamo un elettrodomestico: dal più piccolo al più grande, dalla grattugia elettrica al frigorifero o al televisore. E noi scrupolosamente conserviamo il tagliando, anche riproducendolo in copia, perché si sa che l’inchiostro delle casse ben presto svanisce. Poi succede che il nostro apparecchio si rompa, e scopriamo tutta la sostanziale inutilità - oggi - del garantire assistenza non calcolando quanto costi cercare appunto un centro di assistenza, raggiungerlo, fare a meno dell’oggetto per un certo periodo, quasi sempre esorbitante, e infine tornare a ritirarlo. Il calcolo è presto fatto: alla fine si decide di buttare, perché costerebbe di più il tentativo di riparare l’apparecchio che non l’acquisto di uno nuovo di zecca. Le occasioni non mancano, perché è tutto un fiorire di sconti, saldi, "fuori tutto", e il sospetto è che la macchina industriale faccia proprio affidamento sulla rinuncia all’assistenza in garanzia. Se poi l’oggetto va in tilt fuori tempo, la riflessione si fa ancora più semplice: per un aspirapolvere pagato, mettiamo, 120 euro, perché spenderne 70 per la riparazione, se la scopa è stata appena messa in vendita a ottanta? Si butta, dunque. Si butta di tutto e in ogni luogo. Nel locale di raccolta condominiale, per strada, in discarica, o presso il rivenditore che intanto ci consegna il nuovo. Ecco, il desiderio del "nuovo" è inarrestabile, anche di fronte alle difficoltà del portafoglio. Il nuovo funziona meglio e ci garantisce (riecco la garanzia) di non rompersi facilmente. Simbolo per eccellenza di questa smania di consumo è senza dubbio il telefonino, che da quando si è evoluto in smartphone è tra i beni più necessari e al tempo stesso provvisori: secondo i produttori ne serve uno all’anno, e sembra che gli stessi consumatori ne siano ormai convinti. È, tutto questo, uno dei preoccupanti aspetti dell’enorme accatastamento di oggetti nell’epoca che viviamo. Chi si alza presto lo coglie meglio di tutti: a passare in certe strade prima dei mezzi di raccolta dell’Amsa, si ha l’impressione di capitare in un Capodanno del tempo che fu, tale è l’accumulo nei cestini portarifiuti e lungo le recinzioni senza accesso. Poi, chissà perché, altri luoghi preferiti per sbarazzarsi del superfluo sono le fermate degli autobus e le stesse pensiline di attesa. Forse per la convinzione che chi parte si porti sempre appresso qualcosa appena visto e che prima o poi servirà. Senza aspettare il nuovo.

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