Sistema fiere Entro due anni numeri pre-Covid

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Maurizio

Danese*

obiettivo del sistema fieristico italiano, ma anche del made in Italy, è tornare entro il prossimo biennio ai numeri realizzati prima del Covid, quando per ogni euro investito dalle imprese se ne generavano 60 di business e 23 di indotto. Un effetto moltiplicatore riconosciuto dal Governo e dal Parlamento, con cui abbiamo stretto un rapporto di vera alleanza durante l’emergenza. Non è un caso se oggi, grazie ai ristori e al superamento del regime ‘de minimis’, il segno meno dell’Ebitda è stato in gran parte colmato, anche se in relazione alle perdite totali mancano all’appello ancora 100 milioni di euro. Ora sarà importante assecondare gli sforzi di ripresa, perché è bene ricordare che i ristori sono stati un fondamentale strumento di difesa ma non di crescita. Due sono le priorità per il rilancio che si aggiungono ai ristori: la prima riguarda la rimodulazione dei fondi Pnrr destinati al turismo con un capitolo di spesa esclusivo in favore del rinnovamento in chiave green delle fiere italiane; la seconda riguarda la revisione, non più procrastinabile, della classificazione catastale dei quartieri fieristici ai fini Imu. Chiediamo in sintesi che i padiglioni fieristici possano considerarsi unità immobiliari che assolvono ad una chiara funzione di interesse generale ed essere perciò esclusi dalla tassazione. Nel 2019, ultimo anno statisticamente utile per rilevare nella sua interezza la portata dello strumento fieristico in favore del made in Italy, il sistema generava business per 60 miliardi di euro l’anno, a fronte di un fatturato del settore per 1 miliardo di euro.

*Presidente Associazione

Esposizioni e Fiere Italiane

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