Silvia Romano, le tracce portano in Somalia: svolta nelle ricerche della volontaria

La giovane milanese rapita nove mesi fa in Kenya

Silvia Romano

Silvia Romano

Milano, 31 agosto 2019 - Una regia somala dietro il sequestro di Silvia Romano, la volontaria milanese portata via più di nove mesi fa mentre si trovava in Kenya con la onlus Africa Milele. Mandanti in possesso di denaro, armi da guerra e coperture, che avrebbero reclutato una banda di criminali comuni. E l’inquietante ipotesi che la 24enne sia stata portata in Somalia, Paese confinante con il Kenya, già nelle ore o nei giorni successivi al rapimento, quando si sono perse le sue tracce. Elementi che emergono dagli sviluppi dell’indagine avviata dalla Procura di Roma e coordinata dal sostituto procuratore Sergio Colaiocco, in contatto con i magistrati kenyoti, confermando una pista battuta già nelle fasi iniziali delle ricerche. Prima e dopo il sequestro, infatti, ci sono stati diversi contatti telefonici tra gli esecutori materiali e la Somalia.

La fuga del commando ha seguito, inoltre, la direzione della Somalia, raggiungendo il punto d’incontro dove probabilmente la volontaria milanese è stata consegnata a un secondo gruppo criminale. Altro elemento acquisito è che si è trattato di un sequestro su commissione: i rapitori kenyoti (tra cui l’insegnante di religione originario delle Somalia, Ibrahim Adan Omar, sotto processo a Malindi) erano in possesso di denaro, armi e mezzi «sproporzionati» rispetto alla loro caratura criminale. Forse ricevevano soldi e direttive dalla Somalia, Paese dove imperversa il gruppo terroristico jihadista Al-Shabaab che, sempre rimanendo nel regno delle ipotesi, potrebbe aver architettato il sequestro con l’obiettivo di chiedere un riscatto all’Italia. Per questo gli investigatori del Paese africano stanno concentrando le ricerche su un uomo “chiave”, Said Ibrahim, ancora irreperibile, considerato il regista dell’operazione. L’uomo che avrebbe organizzato il sequestro per conto dei mandanti, reclutando balordi e malavitosi locali per formare il commando di almeno otto persone che è entrato in azione lo scorso 20 novembre, armato di fucili e granate nel villaggio di Chakama, a circa 80 chilometri da Nairobi.

Il confronto tra investigatori italiani e kenyoti va avanti da settimane e punta ad accertare se la ragazza italiana sia ancora in vita e a chiarire le dinamiche che hanno portato al suo sequestro. Intanto ieri i tre presunti esecutori materiali sotto processo a Malindi - Ibrahim Adan Omar, Abdulla Gababa Wario e Moses Luwali Chembe - sono tornati in carcere su disposizione della Procura generale del Kenya che gli contesta l’aggravante del terrorismo. La cauzione è stata revocata, e lunedì prossimo i giudici dovranno decidere se confermare il provvedimento o rimetterli in libertà. Proprio la cauzione è uno dei tanti elementi controversi in una vicenda che ha ancora molti punti oscuri. Chembe, uno degli imputati, per uscire dal carcere aveva versato una somma equivalente a 25mila euro, enorme per il Kenya, che una famiglia povera come la sua non avrebbe mai potuto permettersi. Soldi che, formalmente, avrebbe ottenuto impegnando alcuni terreni nei pressi del villaggio dove Silvia è stata rapita. Soldi che potrebbero essere stati offerti da qualcuno in cambio del silenzio. Anche se l’impressione è che gli unici tre sequestratori catturati e ora sotto processo siano solo delle pedine, in possesso di poche informazioni utili per risalire alle tracce di Silvia, viva almeno fino al giorno di Natale, e dei mandanti.

PRIMA di entrare in azione la banda avrebbe pedinato per alcuni giorni la cooperante. Poi il blitz del commando, armato di fucili Ak47 e granate. Silvia Romano è stata bloccata e, dopo averle gettato via il passaporto e il telefono cellulare, è stata costretta a salire a bordo di una motocicletta e portata verso una boscaglia nei pressi del fiume Tana, dove avevano allestito un nascondiglio provvisorio. Ma quando sono state organizzate le ricerche per setacciare l’area la 24enne forse era già lontana, oltre la porosa linea di confine che separa il Kenya dalla Somalia.

 

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