Si arrampicò sul Duomo "Gioco rischioso, non reato"

Il polacco di 31 anni a maggio arrivò fino alle guglie e alla Madonnina. Nessun danneggiamento, non “invasione di edifici” né procurato allarme

Migration

Un giochino spericolato e rischioso scalare il Duomo per “postare“ video e selfie. Un’azione in qualche modo “dissacrante“, vista la scelta dell’obiettivo che è il simbolo dell’intera città, a prescindere dal tipo di religione professata. Eppure, benché sia "chiara la sconsideratezza della condotta dei due giovani che ha suscitato timori e anche costretto le forze dell’ordine a mobilitarsi", nessun reato può essere loro contestato. Lo scrive il gip Guido Salvini nel decreto con cui ha disposto l’archiviazione "perché il fatto non costituisce reato" dell’indagine a carico di un climber polacco di 33 anni che era stato denunciato per aver scalato, la sera del 31 maggio dello scorso anno, le guglie del Duomo arrivando fino alla Madonnina, simbolo del capoluogo lombardo. Con lui era finito indagato per "procurato allarme" anche un suo amico, un irlandese di 31 anni, che aveva "sostenuto da piazza del Duomo" la "ascesa" del 33enne. Quest’ultimo aveva sfruttato "un ponteggio presente sul lato del Palazzo Reale" ed era salito fino alla Madonnina.

"Ci si trova di fronte certamente ad un episodio di buildering (o meglio di “night climbing“ essendosi verificato in ora pressoché notturna) - scrive il gip - e cioè la pratica che comporta l’arrampicarsi all’esterno di edifici o altre strutture artificiali urbane, spesso accompagnata dalla documentazione fotografica o video di quanto avvenuto".

Lo stesso pm Elio Ramondini aveva chiesto per i due l’archiviazione del reato di procurato allarme. Reato che non si configura, spiega il gip, perché "punisce chi diffonde falsi allarmi", mentre in questo caso "il comportamento in sé dei due giovani" ha "suscitato, giustamente peraltro, l’allarme". Nemmeno sono configurabili i reati di danneggiamento (non ci fu alcun danno), di invasione di edifici (per quello serve che si "instauri un potere di fatto sull’immobile"), né le violazioni del Codice dei beni culturali. La punizione per i due, difesi dal legale d’ufficio Giulia Cupido, resta così il sequestro dei telefoni con cui hanno immortalato la loro impresa. Cellulari confiscati dal giudice perché i proprietari non sono residenti in Italia e la giustizia dovrebbe spingersi fino alla restituzione a proprie spese. Forse sarebbe potuta andare diversamente se i due giovani fossero tornati in città a riprenderli...

M.Cons.

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro